Diciannovesimo libro con Montalbano protagonista, decisamente difficile continuare a stupire. I personaggi ormai non hanno più segreti, si conoscono perfettamente i loro tic e comportamenti, ogni azione risulta prevedibile. Amo incondizionatamente Salvo Montalbano ma devo ammettere che, seppur letto con piacere, l’entusiasmo non è più quello di una volta. La storia gialla regge bene ed è ben congegnata: due trame che si intrecciano con l’aggiunta di una terza che riguarda più “ di pirsona pirsonalmente “ il protagonista. Particolare di questo libro però è l’atmosfera un po’ più cupa rispetto agli altri libri. Mancano le solite battute, l’ironia di alcune descrizioni. I comprimari che abbiamo imparato ad amare qui sono quasi appena abbozzati, anche Catarella è più contenuto. E’ come se fossero tutti più seri, meno inclini alle guasconate e alle battute. E’ un romanzo triste, a tratti intimista, fatto di sentimenti, sogni e premonizioni, di mancanze da colmare. E’ un Montalbano alle prese con ricordi e rimpianti che deve scegliere cosa fare della sua solitudine. Forse è stata una mia impressione ma mi sembra che il dialetto usato in questo libro sia decisamente più…stretto. Ribadisco, è un libro che si legge con piacere, perché ormai Montalbano è uno di famiglia e si è felici quando lo si rivede, però è forte la sensazione che ci si stia avvicinando alla fine della serie. E non so se dire o no: “ Peccato! “.