Siamo in Sicilia, tra Vigàta e Castelvetrano negli ultimi anni del fascismo. Lungo la linea ferroviaria che collega i paesi della costa fare il casellante è un privilegio non da poco: una casa, il pozzo, uno stipendio sicuro, ma la zona, alla vigilia dello sbarco alleato, si va animando di un via vai di militari e i fascisti, quasi presagendo la fine imminente, si fanno più sfrontati. A Nino Zarcuto, "trentino, beddro picciotto" rimasto privo dì due dita per un incidente sul lavoro, è toccato un casello stretto tra la spiaggia e la linea ferrata. Si è sposato con Minica e aspettano, finalmente, un figlio. Il lavoro è poco e c'è tempo per l'orto, per andare ogni tanto in paese e Nino, appassionato di mandolino, può anche dilettarsi con l'amico Totò in qualche serenata improvvisata. Un giorno dei soldati iniziano dei lavori vicino al casello per approntare una linea di difesa dal mare. E mentre scavano a ridosso del pozzo provocano una frana. Nino, rimasto senz'acqua, deve correre ai ripari, ma scendendo nelle profondità della terra si imbatte in una grotta. Solida, asciutta, un rifugio perfetto. Un segreto da custodire gelosamente. Poi una notte, mentre Nino è in carcere, colpevole di avere ridotto le canzoni fasciste a marce e mazurche con chitarra e mandolino, Minica viene aggredita e violentata, perde il bambino, la memoria, la ragione. Chi è stato?Uno dei militari di passaggio, o un amico che ha approfittato della sua assenza? Nino arriverà alla verità e alla vendetta, ma non riacquisterà la pace perché Minica ha perduto il senno. Vuole essere piantata come un albero, e come un albero generare: il suo corpo comincia a trasformarsi: i capelli in fronde leggere, le braccia verso il cielo come flessibili rami; il corpo si ricopre di corteccia; i piedi in radici. Ma siamo già nel luglio '43, viene l'ora di utilizzare il rifugio, sbarcano gli americani, i bombardamenti si susseguono. E' dalla devastazione che Minica, novella Dafne, troverà la forza e le risorse per ricominciare a vivere.