Uno dei miei libri preferiti, romantico e straziante allo stesso tempo. Qui non esiste il Verga verista, ma ancora abbiamo strascichi del romanticismo che ci riportano nella Sicilia del 1850 con le sue tradizioni e i suoi pensieri. Scritto in forma epistolare, la nostra Maria narra a Marianna, sua amica del convento, della sua dolorosa storia d’amore nata sul Monte Ilice; purtroppo Maria sarà costretta a farsi monaca di clausura anche se il suo sentimento è nato e ricambiato, da qui tutta la sua dannazione che la porterà alla morte. La narrazione è fresca, si legge tutta di un fiato e Maria ci trascina con lei nel suo abisso di tormenti e felicità. Ammetto di aver pianto alla fine tanto ero presa dalla narrazione. Perché il titolo? Verga nella prefazione parla di una capinera chiusa in gabbia che due giorni dopo muore di malinconia nonostante le cure ricevute dai bambini, così parte la narrazione della madre dei due piccoli di “un’infelice di cui le mura del chiostro avevano imprigionato il corpo, e la superstizione e l’amore avevano torturato lo spirito”. Da leggere assolutamente!!!