Siamo in Sicilia, nel mondo dell'aristocrazia piena di pregiudizi e tabù; la protagonista è Maria, una giovane ragazza che, rimasta orfana di madre, è costretta dalla matrigna ad entrare in convento. La matrigna non sopporta la sua presenza in casa e d’altronde lei ha già due figli e per una questione economica per Maria non possono esserci altre strade se non quella della vita monastica. Durante un’epidemia di colera, la novizia ha il permesso di trascorrere un po’ di tempo in campagna insieme alla sua famiglia; e qui scrive alla sua amica Marianna e qui conosce una famiglia di amici, tra i quali c’è Nino di cui si innamora. All’inizio sono giorni pieni di gioia, felicità per il fatto di trovarsi in mezzo ai suoi cari, all’aria fresca e “libera” della campagna ma col tempo cominciano ad alternarsi stati di allegria a momenti improvvisi di tristezza, le attenzioni di lui la turbano, la sconvolgono, deve soffocare perché è suo “dovere” farlo; si chiede perché lei non può amare come le altre, perché per le altre “amare”non è peccato come per lei; è in preda all’angoscia e non c’è nessuno che può consolarla perché non c’è nessuno con cui confidarsi e che la comprenderebbe senza condannarla, se ci fosse stata sua madre si sarebbe gettata tra le sue braccia per farsi consolare. Alla fine si rassegna, sente che nel convento troverà pace e tranquillità, ma così non è; viene anche a conoscenza del fatto che Nino ha sposato la sua sorellastra e che sono andati a vivere proprio di fronte al convento e lei può vederlo dalle grate della sua prigione: il dolere è infinito fino al punto di farla impazzire. Un romanzo intenso, fatto di sentimenti soffocati, di libertà negate non solo dalle scelte degli altri ma anche dalle nostre stesse decisioni. La libertà quando è negata non importa da chi, se dagli altri o da se stesso comporta sempre sofferenza e dolore.