“Mi chiamo Renée. Ho cinquantaquattro anni. Da ventisette sono la portinaia al numero 7 di rue de Grenelle, un bel palazzo privato con cortile e giardino interni, suddiviso in otto appartamenti di gran lusso, tutti abitati, tutti enormi.Sono vedova, bassa, brutta, grassottella, ho i calli ai piedi… …Siccome, pur essendo sempre educata, raramente sono gentile, non mi amano; tuttavia mi tollerano perché corrispondo fedelmente al paradigma della portinaia forgiato dal comune sentire. Di conseguenza, rappresento uno dei molteplici ingranaggi che permettono il funzionamento di quella grande illusione universale secondo cui la vita ha un senso facile da decifrare.”
“Io ho dodici anni, abito al numero 7 di rue de Grenelle in un appartamento da ricchi…
…Mio padre è un deputato con un passato da Ministro e finirà senz’altro presidente della camera…
…Si dà il caso che io sia molto intelligente. Di un’intelligenza addirittura eccezionale. Già rispetto ai ragazzi della mia età c’è un abisso. Siccome però non mi va di farmi notare, e siccome nelle famiglie dove l’intelligenza è un valore supremo una bambina superdotata non avrebbe mai pace, a scuola cerco di ridurre le mie prestazioni… “
Renée Michel sembra essere la comunissima portinaia del numero 7 di rue Grenelle, un condominio parigino abitato da famiglie facoltose: è apparentemente sciatta, pigra, perennemente presa dalla cura del suo gatto, dalla televisione e dalle sue piccole faccende private. In realtà, Reneé è una persona coltissima: si interessa di arte, di filosofia, di cinema, di musica classica e di cultura giapponese ma preferisce dissimulare la propria cultura. È vedova, ma non affronta la sua solitudine con rancore o nostalgia, bensì esplorando ogni sfaccettatura della propria anima, ogni sfumatura dei propri sentimenti con grande distacco e grande perizia filosofica. Solo un segreto doloroso, celato sino alla fine, sfugge alle sue analisi. Ad animare le pagine della vicenda è il personaggio della dodicenne Paloma Josse, figlia di un Ministro della Repubblica. Paloma, piccola e minuziosa Giudice dell'Umanità, come la definisce l'autrice, è in perenne lotta con tutta la sua famiglia: con la madre, che cerca di non esternare in tutti i modi quello che davvero è, una donna fragile e debolissima, con il padre, che fa dell'aggressività e della cruda spontaneità, soprattutto in politica, il centro della propria vita, con la sorella Colombe che studia filosofia solo a fini speculativi e non per affrontare il mondo in maniera autentica. Paloma, eccezionalmente attenta e profonda nel comprendere questo mondo, di cui crede di capire tutta la bellezza e tutta la crudeltà, non riesce a sopportare la mediocrità della gente con cui vive, per questo ha pianificato di suicidarsi con i barbiturici il giorno del suo compleanno e al contempo di dare fuoco all'appartamento in cui vive con la famiglia per cancellare le tracce della sua vita.
Paloma e Renée si incontrano e si riconoscono come anime simili grazie all'arrivo di un terzo personaggio: Kakuro Ozu, un signore giapponese. Questi saprà aprire il cuore della portinaia, farne uscire tutti i sentimenti ed i segreti più oscuri, liberarla dal peso del suo incognito durato quindici anni, e, insieme a lei, farà capire a Paloma qualcosa in più sulla vita, qualcosa che nemmeno l'intelletto della ragazza aveva saputo cogliere. Un linguaggio davvero sublime, ricercato, filosofico che qualche volta può stancare….ho amato la storia d’amore tra Renée e Kakuro e il modo di approcciarsi ad essa. Due donne che nascondono la propria intelligenza in nome di un lavoro che impone l’essere il topos della “stupida portinaia” e una bambina troppo grande in un corpo troppo piccolo. Trovo il modo di scrivere davvero favoloso, leggerò sicuramente anche Estasi culinarie!
Trailer del film che guarderò a breve
http://www.movieplayer.it/video/il-riccio-trailer-italiano_4892/
“Madame Michel (Renée) ha l’eleganza del riccio: fuori è protetta da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto che dentro sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti.”
“Che cos'è un'aristocratica? È una donna che, sebbene circondata dalla volgarità, non ne viene sfiorata.”
“Forse essere vivi è proprio questo: andare alla ricerca degli istanti che muoiono.”
“In realtà temiamo il domani solo perché non sappiamo costruire il presente e quando non sappiamo costruire il presente ci illudiamo che saremo capaci di farlo domani, e rimaniamo fregati perché domani finisce sempre per diventare oggi.”
“In fondo siamo programmati per credere a ciò che non esiste, perché siamo esseri viventi e non vogliamo soffrire. Allora cerchiamo con tutte le forze di convincerci che esistono cose per cui vale la pena vivere e che per questo la vita ha un senso.”
“Mi dico che forse in fondo, la vita è così: molta disperazione, ma anche qualche istante di bellezza dove il tempo non è più lo stesso. È come se le note musicali creassero una specie di parentesi temporale, una sospensione, un altrove in questo luogo... un sempre nel mai. Si, proprio così, un sempre nel mai.”
“La gente crede di inseguire le stelle e finisce come un pesce rosso in una boccia.
Mi chiedo se non sarebbe più semplice insegnare fin da subito ai bambini che la vita è assurda.
Questo toglierebbe all'infanzia alcuni momenti felici, ma farebbe guadagnare un bel po' di tempo all'adulto-senza contare che si eviterebbe almeno un trauma, quello della boccia.”
"Nel calore della sala, con le lacrime agli occhi, felice come non ero mai stata, strinsi la sua mano, tiepida per la prima volta dopo mesi. Sapevo che un afflusso inatteso di energia lo aveva tirato su dal letto, gli aveva dato la forza di vestirsi, la voglia di uscire, il desiderio di condividere ancora una volta questo piacere coniugale, e sapevo anche che era il segno che restava poco tempo, ...lo stato di grazia che precede la fine, ma non mi importava e volevo soltanto godermi quel momento, gli attimi strappati al giogo della malattia, la sua mano tiepida nella mia e i brividi di piacere di entrambi perché, grazie al cielo, era un film che potevamo apprezzare tutti e due. Penso che morì subito dopo. Il suo corpo rimase altre tre settimane, ma il suo spirito se n'era andato alla fine del film, perché lui sapeva che era meglio così, perché mi aveva detto addio nella sala buia, senza rimpianti dolorosi, perché aveva trovato la pace in questo modo confidando in quello che ci eravamo detti scambiandoci qualche parola, guardando insieme lo schermo illuminato dove si dipanava una storia. Lo accettai."
"Vivere, nutrirsi, riprodursi, portare a termine il compito per il quale siamo nati e morire: non ha alcun senso, è vero, ma è così che stanno le cose. L'arroganza degli uomini che pensano di poter forzare la natura, sfuggire al loro destino di piccoli organismi biologici...e la loro cecità riguardo alla crudeltà o alla violenza del loro modo di vivere, amare, riprodursi e fare la guerra con i propri simili..."
“E molte persone hanno una specie di bug: credono che l’intelligenza sia un fine. Hanno un’unica idea in testa: essere intelligenti, e questa è una cosa stupidissima. E quando l’intelligenza crede di essere uno scopo, funziona in modo strano: non dimostra la sua esistenza con l’ingegno e la semplicità dei suoi frutti, bensì con l’oscurità della sua espressione.”
Intervista all'autrice:
La trama del romanzo L'eleganza del riccio è certamente nota ai più, ma raccontata dalla sua autrice può svelare segreti ed avere un altro effetto.
Si svolge in un condominio parigino molto chic e il personaggio principale è una portinaia, ma una portinaia un po' particolare perché contrariamente a ciò che ci si aspetta abitualmente, è estremamente erudita. Le sue passioni sono la letteratura, la filosofia, il cinema, il Giappone. Ma non vuole che gli abitanti del palazzo indovinino il suo segreto e dunque si nasconde.
Nel palazzo vive anche una ragazzina di 12 anni e mezzo, di eccezionale intelligenza. Questa ragazzina, che abita in un appartamento ricco dello stabile, ha deciso che dato che la vita è assurda si suiciderà il giorno del suo tredicesimo compleanno.
Il romanzo è la storia dell'incontro tra queste due persone, ma non voglio raccontare di più: bisogna leggerlo .
Il personaggio chiave del romanzo è Renée, la portinaia, che si descrive nel romanzo "vedova, bassa, brutta, grassottella". Come ha costruito questo personaggio?
In effetti questo personaggio si trovava già nel mio primo romanzo - Estasi culinarie, storia di un grande critico gastronomico in fin di vita - ma in modo sporadico (c'erano due pagine sulla portinaia).
Qualche anno dopo, rileggendo questo passaggio, ho trovato il personaggio interessante e ha avuto così una nuova vita. E particolarmente mi sono ricordata che il mio editore mi aveva detto che quando si è romanzieri si ha il diritto di fare tutto, dunque avere una portinaia che parla come Voltaire mi sembrava molto eccitante.
Analizziamo il successo che questo romanzo ha avuto, diventando di fatto un bestseller. Penso che un elemento spiazzante sia stata proprio la prospettiva, l'ottica diversa. Il fatto che ci sia un'ottica narrativa dal basso, che la storia sia raccontata da una portinaia e da una ragazzina...
Certamente e devo dire che non avevo mai pensato di presentarlo in questo modo. La cosa più piacevole e interessante è prendere il punto di vitsa di personaggi un po' a parte. In genere non si chiede a una ragazzina di dodici anni e mezzo di dare delle risposte definitve sull'arte. È questo contrasto è davvero molto piacevole.
Tra l'altro i due personaggi, la portinaia e la ragazzina hanno molti elementi in comune: entrambe si fingono mediocri e non lo sono, entrambe hanno una visione disincantata, critica nei confronti della borghesia francese che abita nel palazzo...
Questo sguardo che lei adotta nel ritrarre la borghesia francese mi ha fatto venire in mente Irene Nemirovsky .
È interessante perché è uscito la settimana scorsa un articolo su Le Monde in cui la giornalista si chiede come mai siaL'eleganza del riccio, sia i libri della Nemirovsky abbiano avuto grande successo negli Stati Uniti e fa un parallelo fra i due casi.
Le due protagoniste si conoscono grazie a un giapponese. Che rapporto ha con la cultura giapponese? Anche in Estasi culinarie dedicava una pagina al sushi.
È una cosa che risale a più di quindici o vent'anni fa. Era mio marito in verità l'innamorato del Giappone e quando ci siamo incontrati sono stata iniziata a mia volta. Sono stata affascinata da quel popolo perché i giapponesi(come i francesi e gli italiani del resto) hanno un gusto spiccato per l'eleganza.
Lì l'arte ha un ruolo molto importante, anche se l'estetica è molto diversa. Ciò che mi affascina del Giappone e della cultura giapponese è che la bellezza è prodotta con pochissimi mezzi e molta purezza.
Ed è per questo che il terzo personaggio del romanzo è un giapponese.
Il suo amore per il Giappone travalica i confini: se non erro lei abita in Giappone.
Sì, vivo da un anno e mezzo a Kyoto, che considero la città più bella del mondo, senza alcuna obiettività...
Come scrive? C'è un particolare rito, ha bisogno di tempi particolari, di luoghi...
Scrivo in modo assolutamente caotico e irregolermente. Non ho alcuna disciplina e sono sempre stupita dal fatto che alla fine il risultato stia in piedi. Perché all'inizio non mi preoccupo assolutamente della storia. A volte scrivo la mattina, altre volte la sera tardi, con stati d'animo assai differenti: è un miracolo!
Quali sono i suoi riferimenti letterari, le sue letture di formazione?
I classici francesi, la letteratura classica francese che ho letto e riletto con passione, in particolare quella del XVII e XVIII secolo. Ma in realtà tutta la letteratura francese, dal XVI al XX secolo, che rileggo regolarmente ora che sono in Giappone per non perdere la mano.
Anche tutta la letteratura russa: Guerra e pace di Tolstoj è il mio libro da comodino e non è cambiato da vent'anni a questa parte.
E l'Italia? C'è qualche autore italiano che l'affascina?
Dante, come tutti quelli che hanno studiato un po' di letteratura italiana: annoiata a vent'anni e con molta passione a trenta. Un autore contemporaneo che amo molto è Erri De Luca, che è tradotto e pubblicato dal mio editore francese. Trovo il suo stile molto bello e potente.
Parliamo del suo stile: nel libro precedente Estasi culinarie, si dice di Arthens che è un "cesellatore di parole, fa risplendere la parola". Io ho trovato anche il suo stile un po' simile, con un gusto particolare nell'affinare la parola, nel cesellarla.
Il mio più grande piacere quando scrivo è la lingua, non la storia. È sono convinta che i lettori cerchino la storia, necessaria, ma gli scrittori inizino dalle parole. E dunque il mio piacere è questo: cesellare la lingua, e se si tratta di un piacere condiviso credo sia una cosa molto bella.
Può dirci a quale progetto letterario sta lavorando?
No, ma non perché non voglia dirglielo, ma perché io stessa lo scopro man mano che vado avanti.
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