Questa è la storia di Anna Frith, del villaggio di montagna del Derbyshire. Un piccolo borgo messo in ginocchio dalla peste, Anna domestica del rettore, il mistero, la sofferenza, la becera superstizione con la conseguente caccia alle streghe. Le descrizione secondo me sono superbe, sia dei personaggi che sono continuamente in scena, sia dei secondari, una fotografia su gli usi, i costumi, su quei minatori caduti in tragedia, e soprattutto su quella degradazione culturale che vede l’uomo rispondere a queste situazioni, con gesti virulenti, movimenti insensati, colpi di tosse di troppo. “Da allora abbiamo parlato molto di fede: quella adamantina secondo cui il medico misura ogni momento della sua giornata e quella cosa sottile e malconcia che è quanto rimane della mia. La vedo come un tessuto sbiadito di una bandiera su un bastione, perforata dai colpi e, se un tempo recava un'insegna, ora nessuno potrebbe dire quale fosse. Ho detto ad Ahmed Bey che non posso più affermare di avere fede. Speranza, forse. Abbiamo convenuto che per ora può bastare.”