E' la prima volta che mi capita di leggere un sequel che mi appassiona e mi intriga più dell'opera prima. Avevo trovato "La psichiatra" abbastanza noioso, impreciso, scontato e banale e, proprio per questo motivo, ero molto scettica nell'intraprendere la lettura de "Il superstite". Nel corso della lettura mi sono dovuta piacevolmente ricredere: buon ritmo, intreccio interessante, il giusto mix di suspence e scorrevolezza. Jan, un talentuoso psichiatra, non riesce ad affrancarsi da un passato doloroso, che gli ha lasciato numerose cicatrici e domande che reclamano una risposta. Gli eventi succedutisi ventritre anni prima, fra cui la scomparsa del fratellino Sven, hanno segnato inesorabilmente la sua vita e quella della famiglia, ma anche l'esistenza degli abitanti del paese, in un turbinìo di accadimenti e conseguenze, che ora Jan è chiamato a districare, se vuole riprendere in pugno la propria esistenza e trovare finalmente un po' di pace. I sensi di colpa, si intrecciano ai nuovi accadimenti, in una spirale sempre più serrata,che porta Jan a contatto con le fragilità dell'anima e della mente, e a sospettare di tutti, compreso se stesso. Finale non scontato, nè banale, ben costruito ed appagante, che risponde con coerenza ai tanti interrogativi emersi durante la narrazione. Una piacevole sorpresa, per chi era rimasto deluso dalla conclusione piena di vuoti ed inesattezze del primo libro. Consigliato a chi ama i thriller psicologici, e non solo. Sicuramente da leggere.