Anche per questo libro come già per Annus Mirabilis Geraldine Brooks si ispira ad una storia vera della cosiddetta “Haggadah di Sarajevo”(La parola haggadah deriva dalla radice ebraica hgd , “racconto“, e si riferisce al precetto biblico che impone ai genitori di narrare ai figli la storia dell’Esodo; si tratta di testi adatti ad essere portati a tavola durante la cena rituale della Pasqua ebraica. Prodotta in Spagna in età medievale)È la stessa autrice a raccontarci, nella Postfazione, le circostanze del suo primo incontro con la Haggadah di Sarajevo. La Brooks si trovava come corrispondente di guerra nella capitale bosniaca, una città dove la biblioteca era stata sventrata e arsa dalle bombe al fosforo, dove l’Istituto Orientale e i suoi meravigliosi manoscritti erano ridotti in cenere e il Museo Nazionale era crivellato dalle granate. La sorte della Haggadah di Sarajevo – uno dei gioielli della collezione bosniaca – era sconosciuta e oggetto delle più diverse e stravaganti congetture. Solo dopo la fine della guerra si scoprì che il prezioso testo era stato salvato da un bibliotecario musulmano. Non nuova a questi eroici salvataggi, la Haggadah si era imposta all’attenzione degli studiosi nel 1894 quando un’indigente famiglia ebrea era stata costretta a metterla in vendita: si trattava di uno dei primi libri medievali in lingua ebraica illustrati che fosse venuto alla luce. La sua creazione viene collocata nella Spagna della metà del quattordicesimo secolo, ovvero verso la fine della cosiddetta Convivencia, quando giudei, cristiani e mussulmani vivevano insieme, e relativamente in pace, nella penisola iberica.Il romanzo è particolarmente interessante e istruttivo e chi inizia a leggere non se ne stacca più Consigliatissimo!