L'Arte di essere felici
  • 9788854151437
  • Newton Compton
  • 2013

L'Arte di essere felici

di Seneca

Il De beata vita di Seneca ripubblicato in una collana super economica dalla Newton Compton a 0,99 centesimi.


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Commenti (3)

21/03/2013 - Gino
utente
«Il dialogo è dedicato al fratello Annèo Novato, il tema centrale è quello della felicità, la quale, secondo l’autore, risiede non nel piacere, che è meschino, servile, debole e caduco, ma nella virtù, che invece è eccelsa, invincibile e duratura. Seguace della dottrina stoica, Seneca combatte l’epicureismo, precisando però, che il piacere di cui parla Epicuro è «sobrio e secco» e che il volgo lo interpreta male perché corre dietro soltanto alla parola e perché cerca un pretesto e una giustificazione per abbandonarsi ai godimenti volgari. La virtù è dunque il presupposto della vita beata». “[…] Anche le bestie, che seguono l’istinto, possono essere, a loro modo, felici, ma non hanno il senso della felicità. “[…] Il sommo bene, insomma, è la pura contemplazione, uno stato di cui la sola cosa che si può dire è che non se ne può dire nulla; non ha sensazioni, non ha pensieri, non ha sentimenti, non ha attributi, ma perché li possiede e li racchiude tutti, «quasi conflati insieme». E’ la coscienza cosmica, è l’essere in intima comunione col tutto, il vibrare all’unisono con lui, di una vibrazione sottilissima, impercettibile, che non appartiene ai sensi, che sta al di là di essi, come fuori dal corpo che l’ha imprigionata, rendendola grossolana e contaminandone l’originaria purezza. Un attimo, che racchiude l’eterno e l’infinito: se durasse di più ci ucciderebbe.” « […] Il nostro è un mondo di schiavitù, ma non nel senso che siamo schiavi delle passioni, del piacere, del denaro o di una dittatura, bensì nel senso che siamo schiavi della vita stessa e che nel mondo non c’è un solo briciolo di libertà: noi «crediamo» di essere liberi, perché così ci dice la coscienza, ma la coscienza che abbiamo di essere liberi non prova che lo siamo davvero: quella coscienza potrebbe essere un illusione, un inganno, un espediente per spingerci ad agire, in quanto è chiaro che, dovendo agire, per forza dobbiamo credere di essere noi che lo vogliamo». “[…] La vera felicità, la vera saggezza, la vera virtù, il sommo bene, insomma, nascono non dal distacco o dalle negazione delle cose sensibili, ma al contrario da una compenetrazione in esse così totale e profonda che pur essendovi dentro, e proprio per esservi dentro, in quello spirito, si è, nello stesso tempo, anche al di fuori del mondo.”

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27/03/2013 - psartiano
utente
Questo trattato di Seneca lo consiglio vivamente a tutti. E' un elogio della virtù e una critica all'amore smisurato per il piacere e ela ricchezza. Seneca sostiene che il fine ultimo dell'uomo deve essere lavirtù mentre il piacere va bene solo se è di ausilio a questo scopo. Ammonisce chi si vanta di essere filosofo e poi eccede nel piacere. Allo stesso tempo critica chi è posseduto dalle ricchezze, infatti è molto diverso, secondo Seneca, possedere ed essere posseduti dalle ricchezze. Essere ricco, se la ricchezza è meritata, rappresenta un merito e soprattutto una fortuna che va condivisa. Ma non con chiunque, ammonisce Seneca, bensì con chi è meritevole e dal quel dono può trarne vantaggio per se e per gli altri. Seneca afferma infatti che non bisogna aiutare coloro che vedono nella carità degli altri una scappatoia per non rimboccarsi le maniche. C' una pagina verso la fine veramente molto bella e significativa in cui Seneca espone quale deve essere secondo lui il senso della vita dell'uomo. Già solo per questa pagina dovreste leggere questo libro. Come consiglio personale vi consiglio di leggerlo prima o dopo del De Amicitia (L'amicizia) di Cicerone.

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10/01/2014 - fra_paga
utente
Saggio che enuncia nel migliore dei modi la seggezza di un SAGGIO per eccellenza. Gioco di parole per un libro che è una pietra miliare della Filosofia e del "saper vivere". Elogio della virtù, del sapere e profonda analisi delle "frivolezze" che ingannevolmente si collocano come baluardi indispensabili per raggiungere la felicità, mentre di questa ne sono solamente accessori non indispensabili (i piaceri). Il tutto descritto con la semplicità incisiva dei GRANDI autori. Nella prefazione c'è una velata critica sulla parte finale del saggio nella quale Seneca personalizza la sua argomentazione per difendersi dagli attacchi di chi lo accusa di ipocrisia. Personalmente trovo invece anche questa parte un TUTTUNO perfetto nel quale Seneca colloca il suo PENSIERO all'apice della virtù, differenziandolo dalla sua condotta, umana e "peccatrice". Sublime. Voto 8.5

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