Cent'anni di solitudine
  • 9788804314639
  • Mondadori
  • 1988

Cent'anni di solitudine

di Gabriel Garcia Marquez

È la storia centenaria della famiglia Buendia e della città di Macondo. In un intreccio di vicende favolose, secondo il disegno premonitorio tracciato nelle pergamene di un indovino, Melquiades, si compie il destino della città dal momento della sua fondazione alla sua momentanea e disordinata fortuna, quando i nordamericani vi impiantarono una piantagione di banane, fino alla sua rovina e definitiva decadenza. La parabola della famiglia segue la parabola di solitudine e di sconfitta che sta scritta nel destino di Macondo, facendo perno sulle 23 guerre civili promosse e tutte perdute dal colonnello Aureliano, padre di 17 figli illeggittimi e descrivendo in una successione paradossale le vicende e le morti dei vari Buendia.


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Commenti (2)

18/10/2013 - Gino
utente
E’ da tanto tempo che rimando la lettura di questo libro, un po’ per paura, un po’ per stato d’animo. Per leggere certi libri ci vuole il momento giusto, bisogna essere predisposti. Cent'anni di solitudine è un romanzo del 1967 del Premio Nobel colombiano Gabriel García Márquez e una delle opere più significative della letteratura del Novecento. Il libro ci descrive le storie di Macondo, nome immaginario di una piccola città collocata nelle terre Colombiane. I protagonista del libro sono, i componenti della famiglia Buendìa, trasferita in quelle zone parecchi secoli prima. Questo piccolo villaggio vive isolato dal mondo, la comunicazione avviene solo tra di loro; i nipoti hanno gli stessi nomi dei nonni, quasi a voler prolungare la loro vita, renderli immortali. La famiglia Buendìa seppur rinchiusa in questo piccolo lembo di terra, riesce a conoscere gli accadimenti che succedono al di fuori di questo semimondo. Arrivano gli zingari al seguito dei loro commercianti, vengono costruite ferrovie, scoppiano rivoluzioni, sembrano atterrare aerei, ma niente toglie questa fiabesca realtà dal suo torpore, dalla sua identità minima, dal suo estraniamento dalla realtà, creando ed essendo portavoce di una realtà altra, quasi impossibile, e a tratti fastidiosa. I nipoti sempre chiamandosi come i nonni ne posseggono anche le caratteristiche dell’intimo agire, mostrando quegli stessi caratteri, riuscendo a ricrearsi da loro pur essendo altri. Altri riescono ad allontanarsi da Macondo, condurre la loro esistenza fuori da questa “bolla”, raggiungere i propri successi, e poi ritornarvi per porre le propria ossa ormai prossime alla morte nella terra dalla fertilità strana. Sembra un ciclo perpetuo, infinito, senza sosta, fin quando l’ultimo discendente di questa famiglia si inimica uno zingaro che dà vita e dà seguito ad un incantesimo che distrugge il villaggio, destinandolo a quella memoria debole, ormai stanca di una generazione che rimane e vive per cent’anni di solitudine. Bello, anche se ribadisco bisogna essere predisposti, e con i nomi non è stato molto semplice, devo ammetterlo. Durante il IV Congresso internazionale della Lingua Spagnola, tenutosi a Cartagena nel marzo del 2007, è stato votato come seconda opera in lingua spagnola più importante mai scritta (preceduto solo da Don Chisciotte della Mancia).

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08/09/2016 - Acrasia
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Un grande romanzo, l'ho apprezzato moltissimo. Arrivata alla fine, la prima impressione che ho avuto è stato è il passaggio dall'euforia e la pazzia iniziali alla desolazione finale, dalla folla di Buendia che ha popolato la casa nei tempi migliori alla solitudine fisica e non solo interiore degli ultimi discendenti. E' stata, tra alti e bassi, una parabola discendente. Ciò che mi è piaciuto è stato l'alternarsi di scene quasi comiche o comunque buffe, a scene dal recondito significato più serio e tragico, pertanto non è stato affatto pesante leggerlo, ma nello stesso tempo si tratta di un romanzo molto profondo perché attraverso delle immagini suggestive e dei personaggi coloriti Marquez ci ha fatto vivere la storia senza però raccontarla direttamente, raccontandoci i fatti senza quasi farci accorgere che stessero accadendo, e ci ha posto davanti delle problematiche serie e spinose senza renderle esplicite. E' stato raccontato tutto apparentemente in modo "superficiale" (passatemi il termine), come una farsa, e invece alla fine tutte queste parole pesano. Per quanto riguarda i personaggi, sono talmente tanti che non si riesce ad affezionarsi ad uno in particolare, ma le donne sicuramente hanno un ruolo fondamentale, una su tutte Ursula, ma nel bene o nel male tutte occupano una posizione importante all'interno del romanzo, sono più forti e determinate, più pratiche e coi piedi per terra rispetto agli uomini, che al contrario si lasciano trascinare dall'euforia per seguire passioni stravaganti o guerre inutili. Bello l'espediente delle pergamene di Melquiades, a voler significare che il nostro destino è già scritto, a cui non ci si può sottrarre.

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