Romanzo che si concentra sulla vita di questo orfanello, ma che in realtà fa molto di più: descrive accuratamente diversi aspetti della vita dell'epoca partendo dalle workhouses, i cosiddetti istituti caritatevoli fondati al fine di togliere i poveri dalla strada, e arrivando a rappresentare il mondo criminale, incentrando l'attenzione sullo sfruttamento dei minori, senza però fare differenza tra i due ambienti e di conseguenza tra legalità e illegalità, perchè ciò che Dickens critica è l'immoralità. La sua satira è magistrale nella descrizione del lato lucroso della natura umana e pone l'enfasi sull'attaccamento al denaro che ha la forza di plasmare le persone, trasformando quel briciolo di recondita umanità in freddo materialismo. Ma c'è una contrapposizione di realtà nel romanzo, quella spaventosa dei corrotti slums e quella confortevole dell'aristocrazia che appare idealizzata tanto è perfetta. Ed ecco che il lieto fine non tarda ad arrivare e premia chi come Oliver è stato leale e coscienzioso e ha avuto la sua rivincita su tutti coloro che hanno cercato di sopraffarlo, uscendo da una condizione di miseria e povertà per raggiungere una rispettabile prosperità entrando a sua volta a far parte di quella borghesia tanto condannata all'inizio del libro dall'autore, che sebbene sia sempre schietto nel denunciare le ingiustizie nei confronti dei diseredati, per una reazione puramente vittoriana questa sua contestazione viene meno nel momento in cui si trova a descrivere le conseguenze della dissolutezza che si riscontra in condizioni sociali critiche. In definitiva ciò che egli rappresenta è un'ironia contro la rapacità e l'ipocrisia delle classi dominanti ma anche contro l'avidità e la brutalità del sottoproletariato.