Succede a volte, non soltanto nella storia della scienza, ma anche in quella della filosofia, che ci siano scuole di pensiero contrapposte, apparentemente incompatibili tra loro, che vengono poi unificate inspiegabilmente. Pensiamo per esempio all’antica Grecia. Parmenide sosteneva che l’essenza del mondo era l’essere, che le cose non cambiano nel tempo. Eraclito, all’opposto, sosteneva che tutto scorre, che esiste soltanto il divenire. Essere e divenire sembravano due concetti completamente contrapposti, fino a quando non giunse Aristotele, che riuscì a far dialogare i sistemi di Parmenide e di Eraclito. Un paio di millenni più tardi Kant farà la stessa cosa, quando riuscirà a trovare una sintesi fra due concezioni filosofiche che, di nuovo, sembravano inconciliabili. Da una parte, il razionalismo di Cartesio e Leibnitz, di coloro che per capire il mondo volevano usare solo la ragione. Dall’altra parte, l’empirismo di Locke o Hume, di coloro che per capire il mondo dicevano che bisognava aprire gli occhi, toccare con le mani, fare esperimenti con i sensi. Ebbene, questo accade a volte anche nella scienza. Anche se nella scienza, più che visioni contrapposte troviamo visioni complementari. Nel nostro caso arrivò a un certo punto un personaggio, forse il più grande scienziato che sia mai esistito, che si chiamava Isaac Newton. C’è un famosa espressione di San Bernardo che fu usata da Newton e viene talvolta attribuita a lui: <<Se ho visto più lontano degli altri, è perché sono salito sulle spalle dei giganti>>. I due giganti sulle cui spalle salì Newton erano Keplero e Galileo. E unendo le osservazioni sperimentali di Galileo con le leggi teoriche di Keplero. Egli riuscì a costruire l’edificio della scienza. La meccanica e l’astronomia vennero fuse nei suoi Principia matematica, che divennero l’analogo moderno di quello che erano stati gli Elementi di Euclide per la matematica antica: il libro che racchiude tutto il sapere di un’epoca.