Siamo nell’Inghilterra del 700, Ursus un girovago, poeta, filosofo di strada raccoglie un bambino dal volto deformato e una neonata cieca che entrano anche loro nel mondo dei giocolieri, dei mimi, dei trapezisti.
Dietro quel volto, però, costretto per sempre ad un continuo ghigno, si nasconde un segreto, tutto un mondo fatto di violenza e mistero.
Ci ritroviamo nel mondo dei comprachicos, cacciatori di bambini che, poi, trasformano nella loro fabbrica dei mostri, fino a renderli irriconoscibili, anche a se stessi perché ne cancellano sia l’aspetto fisico che la memoria e purtroppo il piccolo Gwynpline cade nelle loro mani, perché erede scomodo e per questo destinato a scomparire.
Hugo è magistrale ed eccelso in questo capolavoro ed è evidente la sua profonda conoscenza del contesto storico, dei luoghi, delle usanze dell’epoca, ma mostra anche una profonda conoscenza dell’animo umano: straziante l’abbandono del bambino da parte dei comprachicos che salpano con l’orca, mentre questo povero piccolo resta lì, stupito ma senza disperarsi od opporsi, forse perché nessuno di quegli uomini che ora lo abbandonano gli ha mai voluto bene né lui ne ha voluto a loro.
Angosciante la descrizione della tempesta che, tra l’altro, rivela una profonda conoscenza delle leggi del mare che vien fuori per bocca del dottore sull’orca, sbattuta da una parte all’altra dell’oceano; immagini sublimi quelle del vecchio strappato via con tutto il timone; della trave con cui i sei uomini affrontano lo scoglio, strappata via dalle loro mani; del terrore degli uomini quando si ritrovano davanti al temibile scoglio di Aurigny; soffocante questo essere continuamente sospesi tra la vita e la morte; e di nuovo l’illusione di avercela fatta grazie al cambio del vento, illusione subito completamente spazzata via dalla fine della tempesta che paradossalmente significa per loro la perdita di ogni speranza con la scoperta della falla nella nave che li porterà a chiedere perdono a Dio per il loro grave delitto e a confessare i loro peccati.
Confessione affidata ad una fiasca ed è molto poetica questa immagine del mare che culla non il bambino abbandonato ma il suo destino affidato, per ben 15 anni, ad una fiasca che viene risparmiata dagli scogli, dalle alghe, dalla furia del mare quasi a proteggere questo innocente,e che viene riportata a riva dalle onde e che, finalmente, ristabilisce l’ordine là dove prima c’era il caos.
Spettrale e da brividi l’indifferenza della città nei confronti di questo povero bambino che bussa alla porta di tutte le case per chiedere aiuto e nessuno che risponde a questo doloroso appello e poi finalmente una speranza, l’accoglienza da parte di Ursus, uomo dal caratteraccio rude, dalle poche smancerie ma capace di un amore puro e sincero, uomo che si scioglie in singhiozzi quando crede che Gwynplaine sia morto, che fa l’impossibile per non farlo scoprire alla giovane Dea, perché sa che questa scoperta significherebbe per lei la morte sicura.
Tormentata la lotta tra l’amore spirituale e quello terreno, lo sconforto e il senso di abbandono e inutilià cui si soccombe quando viene a mancare l’amore vero.
La speranza, dopottutto normale di una rivalsa sociale, l’illusione che la ricchezza materiale possa far scomparire il pregiudizio, il dramma di essere deriso, di essere giudicato dall’apparenza da chi non riesce ad andare oltre l’apparire.
Un’opera davvero sublime, senz'altro un capolavoro immortale che va letto e riletto.
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