Alexis o il trattato della lotta vana, recensito da Gino

Questo è uno di quei libri che volesti aver letto da secoli, ma che poi per un motivo o per un altro ne rimandi la lettura, stupidamente. “Alexis o il trattato della lotta vana” è l’opera prima di una giovanissima Yourcenar, pubblicato per la prima volta nel ’29, è un romanzo epistolare scritto in prima persona che tratta il tema della sessualità, o meglio della propria identità. Alexis, è un giovane che è stremato dalla continua lotta contro la sua sessualità, ritenuta come una malattia, come qualcosa da nascondere, qualcosa da cui star alla larga, qualcosa che non andava detto, qualcosa di inconfessabile. Il libro, è una sorta di confessione nei confronti della moglie Monique, che dopo lunghi periodi di colpevolezza decide di abbandonare. E’ un racconto davvero intimo, che ci fa entrate nei pensieri di Alexis, nei suoi stati d’animi, nelle colpe, nelle paure, nella voglia d’evadere, cosa che riuscirà a fare in parte attraverso la musica, le note, gli spartiti. Quasi a mettere ordine in mezzo a tutto quel caos interiore. Si legge anche di Monique, del suo animo accondiscendente, delle sue pene, del suo soffrire, che non è meno, e forse è più amplificato di quello dello stesso Alexis. La felicità non ha tante spiegazioni, deve bastare a noi stessi. Una lotta quindi che diventa difficile sia per chi l’ha dentro, che per chi la subisce. La lotta più difficile sicuramente è quella contro i propri istinti, le proprie passioni, il proprio essere al mondo; negandosi non si fa altro che far del male a noi, ma anche agli altri. Per fortuna che Alexis capisce che la propria felicità è più importante, del dispiacere degli altri. Così dentro così fuori: anima e corpo si congiungono. “Conoscete gli stagni […] da bambino, ne avevo paura. Capivo già che ogni cosa ha il suo segreto e gli stagni come tutto il resto; che la pace, come il silenzio, è sempre solo una superficie, e che la peggior menzogna è la menzogna della calma”. “Ho notato qualcosa, Monique: si dice che le vecchie case racchiudano sempre dei fantasmi; non ne ho mai visti, eppure ero un bambino pieno di paure. Può darsi che mi fossi già reso conto che i fantasmi sono invisibili, perché ce li portiamo dentro”. “Ma i libri non contengono la vita; ne contengono solo la cenere; è quella, suppongo, che vien chiamata l’esperienza umana”.

Ricordati che questa è l'opinione di un lettore e non rappresenta una recensione ufficiale del libro.

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