Per la mia generazione e per quelle precedenti, i libri di Salgari sono stati il primo nutrimento della fantasia, i semi che hanno fatto germogliare la voglia di leggere, di volare con l’immaginazione. Ci strappavano dai divani per portarci nei Mar dei Caraibi o nella giungle del Borneo. Salgari, Verne, Defoe, Dickens, Jerome tutti autori hanno allietato i nostri pomeriggi. Probabilmente non capivamo appieno l’ironia di Twain; la satira e la critica sociale di Swift e del suo Gulliver ci rimanevano del tutto estranee, ma la bellezza dei racconti ci colpiva e affascinava: li chiamavano “ Libri per ragazzi” e noi li leggevamo come tali, non sapendo di avere tra le mani dei classici della letteratura. Con “Cuore di Tigre” si è voluto rendere omaggio a Salgari e ai suoi libri, invitando quattordici autori a scegliere il loro protagonista preferito e a scrivere un racconto. Personalmente ho preferito i racconti che più hanno cercato di attenersi all’ambientazione originale ,nei quali gli autori si sono calati nei panni di Salgari o almeno hanno cercato di seguirne lo spirito e decisamente meno quelli che hanno portato i personaggi in luoghi , tempi e generi che non sono i loro estraniandoli completamente dal contesto storico e temporale che gli appartiene. Mi è sembrata una forzatura che ha fatto perdere loro incisività e fascino, rendendoli a volte delle macchiette irreali. Una lettura che scorre veloce ma che, a parte un paio di eccezioni iniziali, procede poi con scarso entusiasmo.