La collana Urania non poteva inaugurare meglio il 2012, per quanto con “Onryo, avatar di morte” si discosti dal genere per cui è conosciuta. Quest’anno festeggia il sessantesimo compleanno, se li porta bene in verità, dodici lustri che hanno dato lustro (consentitemi il bisticcio) ad autori famosissimi e meno famosi. In questo numero dodici scrittori (uno per lustro, è un caso?), di cui sei italiani e sei giapponesi, ci mostrano i volti dell’horror. La prefazione, con le piacevolissime e dotte, nonché orrorifiche, disquisizioni sugli spettri, predispone il clima da brivido e crea un’aspettativa che non viene disattesa. Gli Onryo sono fantasmi, così come gli Yurei o Kaidan, con una tradizione, letteraria e popolare, antichissima e sempre affascinante, anche se purtroppo ancora (forse) poco conosciuta in Italia. Donne e bambini sono gli spettri più “sfruttati”, forse perché nell’immaginario collettivo rappresentano la parte più debole e proprio per questo incutono più terrore, ma non manca nemmeno qualche tenera nonna e le sue perle di saggezza che mandano in crisi la nipotina, come nel caso di Masako Bando. Ancora bambini per Alessandro De Filippi, dove vanno a finire quelli del suo racconto? Quale fascino o richiamo subiscono? E l’alunna di Nanami Kamon davvero assiste a un’apparizione oppure riesce a presagire se non addirittura a evocare? Il poliziotto di Stefano Di Marino pensava di averle viste tutte e la bora, al confronto e per quanto nera possa essere, diventerà d’ora in poi per lui l’elemento più normale. Mio, di Hiroko Minagawa, spettro anch’esso donna, canta la sua canzone di morte, così come Ayako, ed esige un dono. Un Kudan è al centro del racconto di Sakyo Komatsu, dal sapore mitologico. Un bambino dà l’avvio a un precipitare di eventi già scritti, al padre non resta che arrendersi all’imponderabile, Masahiko Inoue miscela abilmente introspezione e sovrannaturale. Particolarmente evocativo Massimo Soumarè, la sua tennyo è bella ed enigmatica, temuta e bramata. Con Danilo Arona ritroviamo Morgan Perdinka, anche lui alle prese con spettri femminili, la dolcezza dei personaggi dà una nota lirica al racconto, dovrà scoprire il suo “ponte” sotto il quale passare. Meno “dolce” la donna di Angelo Marenzana, ma efficace quanto basta per temere un furgone bianco nel caso dovessimo incontrarlo. Yoshiki Shibata ci conduce sul monte degli Dei, ma saranno gli stessi Dei che conosciamo noi? Samuel Marolla, non me ne vogliano gli altri autori, è quello che più mi è piaciuto, e per questo l’ho lasciato per ultimo. Non ci sono spettri donna né bambino, ma mi ha riportato alla mente un romanzo che ho tanto amato, mi fermo per non fare spoiler. La sua storia è costruita alla perfezione e il finale spiazza. Urania ha fatto un bellissimo regalo ai suoi lettori, gli autori hanno dato il meglio dando vita a un concentrato di pathos senza scadere mai nel banale né nel deja-vù, impresa non certo facile dal momento che l’argomento è sviscerato in tutte le sue sfaccettature. A questo aggiungiamo che caratterizzare bene i personaggi e calare nell’atmosfera con un numero limitato di battute è ancora più difficile, la fase “preparatoria” viene penalizzata, e posso solo inchinarmi davanti a cotanta bravura, sia dei curatori che degli autori. Chapeau!