Dev'essere un mio problema con gli pseudo-romanzi. Inattaccabile dal punto di vista dell'erudizione dell'autrice (e tanto di cappello alla traduzione di Marcello Mongardo), è un'opera difficilmente classificabile. Sarebbe un romanzo sulla vita di un personaggio d'invenzione, un alchimista a spasso per l'Europa del Cinquecento. Ma la Yourcenar non si "limita" a questo: è anche un'opera dal carattere storiografico, nonché un saggio storico. Lo stile è quello tipico della Yourcenar: estremamente colto, dalle molteplici sfumature, a tratti poetico, ma talvolta anche ridondante e pedante. O lo si ama o lo si odia. Al di là delle dispute sullo stile dell'autrice, rimane per me una sensazione che non sono riuscito a scrollarmi di dosso lungo tutta la lettura dell'opera: un gelo siderale. Tra la ridda di personaggi che popolano le pagine di "Opera al nero" non ne ho trovato uno con cui riuscissi a empatizzare: sembra di leggere il resoconto di uno storiografo che, freddamente, descrive quanto accade in un dato periodo storico. Apprezzo evidentemente romanzi di differente concezione.