"Una cosa mi devi giurere Caterina: che resterai sempre fedele alla tua famiglia. Combatti chi ti sfida, ma resta sempre leale agli Sforza."
Quella tygre di la madonna di Forlì che aveva tucta spaventata la Romagna - viene definita così, nelle cronache del tempo, Caterina Sforza Riario, affascinante protagonista del nuovo romanzo di Carla Maria Russo.
Una tigre.
Splendida, ruggente, pericolosa.
Forse anche il bagliore dei capelli dorati e la fierezza dello sguardo fanno pensare all’animale che abbatte il nemico con una zampata.
All’inizio del libro, però, quando la conosciamo, Caterina ha solo cinque anni, è solo un tigrotto che conquista il cuore del maestro d’armi e di tutta la guarnigione del castello sforzesco di Milano quando esige di essere ammessa a prendere lezioni e a tirare di spada come i fratelli e i cugini.
Ma se non riesce neppure a tenerla in mano, una spada?
Non importa, lei irrobustirà le sue braccine, è la nonna Bianca Maria Sforza ad incoraggiarla. Eppure Caterina è una dei figli bastardi che il conte Galeazzo Maria Sforza ha avuto da Lucrezia Landriani, moglie del cortigiano Gian Piero Landriani.
Cresciuta però a corte insieme ai figli che Galeazzo Maria ha avuto dalla moglie Bona, una donna dolcissima che aveva adottato i bastardi del marito.
Il racconto della vita straordinaria di Caterina, che diventerà contessa di Imola e di Forlì, prima insieme al marito Girolamo Riario e poi come reggente per il figlio Ottaviano, procede alternando una narrativa in prima persona - quasi fosse un diario della stessa Caterina, una voce soggettiva e personale carica di emozione - ed una in terza persona che intesse un quadro più vasto e arricchisce la scena di personaggi portando avanti le vicende, fornendo una sorta di cronaca delle ingarbugliate relazioni tra i vari staterelli, con le rivalità, le alleanze, le inimicizie, i giochi di potere portati avanti usando le persone come scacchi umani, trascurando qualunque valore morale o senso di rispetto.
1472. Come tenersi Imola, conquistata da Galeazzo Maria, senza scatenare una guerra con il papa Sisto IV che pretende la restituzione della città?
Con un compromesso, dando in sposa una Sforza a Girolamo Riario, nipote del papa.
Ci sono due fanciulle disponibili. Due bambine, anzi: Costanza, di undici anni, cugina di Galeazzo Maria, e sua figlia Caterina di nove anni.
Che si mandi al sacrificio Costanza!
Sua madre Gabriella Gonzaga, però, si oppone.
Teme che non venga rispettata la legge ecclesiastica che impone si aspetti il compimento dei quattordici anni per consumare il matrimonio.
Allora toccherà a Caterina. Nove anni e un marito di ventisette che ha premura di assicurarsi che il matrimonio sia un passo definitivo.
Che violenta una bimba a cui è stato inculcato il principio che una Sforza non piange, non fiata, è coraggiosa. Un trauma che si porterà dietro per sempre, anche se, dopo, darà sei figli a Girolamo Riario, disprezzandolo ma obbligata a sottomettersi.
Carla Maria Russo ci ha avvisato che questa è un’opera di fantasia e che i fatti storici sono da lei liberamente interpretati.
Se il lettore intende leggere un libro di storia, ha sbagliato libro.
Se però vuole tuffarsi nella storia, accettando che la trama del canovaccio sia solida ma che i colori delle scene raffigurate siano rese brillanti dall’immaginazione, La bastarda degli Sforza è un’appassionante escursione nel passato, tra il 1472 e il 1488, da quando la piccola Caterina impugna la spada per gioco a quando si erge come una furia, come una tigre, dagli spalti della fortezza di Ravaldino, più uomo lei - se attribuiamo il coraggio guerriero solo agli uomini - di quel codardo di suo marito.
Caterina che stringe la bambola mentre Girolamo si impone su di lei, Caterina nella gloria della sua bellezza adolescente quando deve raggiungere il marito, Caterina che si interessa di erbe medicali che le serviranno per curare gli ammalati, Caterina che sfida ali di folla minacciosa uscendo a cavallo da Castel Sant’Angelo, Caterina e si suoi figli prigionieri: Caterina ci incanta, ammiriamo la donna Caterina che ci pare una femminista ante litteram, vogliamo sapere altro di Caterina, giriamo pagina con ansia e… il libro è finito.
Con la promessa che ci sarà un seguito.
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