Ogni epoca e ogni generazione hanno avuto il loro Principe dei Ladri. Cavalleresco come Ivanhoe, spavaldo come D'Artagnan, Robin il proscritto ha la generosità di un santo e la giovialità di un ragazzo. Di sicuro l'arciere di Alexandre Dumas è il prototipo di una lunga serie di ladri gentiluomini. Il cinema lo ha a lungo inseguito nei labirinti di Sjerwood, regno dell'allegria, dell'amicizia e delle sfide beffarde. Gli ha fatto assumere la scanzonata fisionomia di Douglas Fairbanks, la malinconia di Sean Connery, il sorriso rassicurante di Kevin Costner, lo sguardo truce di Russell Crowe. Per i cartoni animati Robin è una volpe, l'inseparabile John un grosso orso. Ma nessuna immagine (come nessuno sbirro) è mai riuscita a imprigionarlo. La lotta che ha ingaggiato con il Potere è destinata a non aver mai fine. Perché Robin Hood è un mito: quella della giustizia che non ha pace e vaga per il mondo a risvegliare i suoi arcieri.