Pista nera
  • 9788838929090
  • sellerio
  • 2013

Pista nera

di Antonio Manzini

Semisepolto in mezzo a una pista sciistica sopra Champoluc, in Val d'Aosta, viene rinvenuto un cadavere. Sul corpo è passato un cingolato in uso per spianare la neve, smembrandolo e rendendolo irriconoscibile. Poche tracce lì intorno per il vicequestore Rocco Schiavone da poco trasferito ad Aosta: briciole di tabacco, lembi di indumenti, resti organici di varia pezzatura e un macabro segno che non si è trattato di un incidente ma di un delitto. La vittima si chiama Leone Miccichè. È un catanese, di famiglia di imprenditori vinicoli, venuto tra le cime e i ghiacciai ad aprire una lussuosa attività turistica, insieme alla moglie Luisa Pec, un'intelligente bellezza del luogo che spicca tra le tante che stuzzicano i facili appetiti del vicequestore. Davanti al quale si aprono tre piste: la vendetta di mafia, i debiti, il delitto passionale. Quello di Schiavone è stato un trasferimento punitivo. È un poliziotto corrotto, ama la bella vita. Però ha talento. Mette un tassello dietro l'altro nell'enigma dell'inchiesta, collocandovi vite e caratteri delle persone come fossero frammenti di un puzzle. Non è un brav'uomo ma non si può non parteggiare per lui, forse per la sua vigorosa antipatia verso i luoghi comuni che ci circondano, forse perché è l'unico baluardo contro il male peggiore, la morte per mano omicida ("in natura la morte non ha colpe"), o forse per qualche altro motivo che chiude in fondo al cuore.


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Commenti (2)

07/12/2013 - brontolo
utente
Ho letto il racconto di Manzini nell’ultima antologia natalizia della Sellerio e il giorno dopo, per caso, sono capitata a una sua presentazione. Ho scoperto una persona simpatica e ironica e l’acquisto immediato del libro è stata logica conseguenza. Mi sono divertita nel leggerlo, un paio d’ore piacevoli, non tanto per la storia in sé, che diventa chiara troppo presto, ma per il personaggio principale. Un bastardo di prima categoria, un antipatico che conquista per il sarcasmo e l’ironia. Rozzo,cinico, dai mezzi spicci e poco ortodossi, il classico cliché del “cafone romano” anzi, del cafone e basta e con parecchi lati bui, alcuni dei quali lo farebbero filare diritto a fare compagnia alle persone che arresta. Il personaggio è talmente forte che mi sarebbe piaciuto gli fossero risparmiate certe uscite buoniste che stridono . Ecco, io l’avrei voluto decisamente e totalmente scorretto. Basta con i personaggi che devono per forza avere un riscatto, che non possono essere decisamente e totalmente “ neri”. Non tutti i protagonisti devono essere per forza consolatori. Stiamo parlando di fiction e a me piace leggere di personaggi come questo Rocco Schiavone che nella loro scorrettezza e antipatia sono decisamente molto intriganti e divertenti

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12/01/2017 - - Vale -
utente
Primo libro di Manzini. Piacevole scoperta.

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