'Se avessimo vinto lo scudetto - scrive Beppe Severgnini - non mi sarei unito alle celebrazioni con un libro. Avrei festeggiato privatamente con qualche amico, moglie, figlio e cagnolina dalmata (unica presenza bianconera in famiglia). Ma abbiamo perso, e dobbiamo consolarci.' E questo libro è davvero una gran consolazione. L'Inter è infatti una squadra fascinosa circondata da tifosi speciali: l'ammettono anche gli avversari, che in queste pagine sono trattati con galanteria. 'L'Inter - sostiene l'autore - è una forma di allenamento alla vita. E' un esercizio di gestione dell'ansia, e un corso di dolcissima malinconia. E' un preliminare lungo anni. E' modo di ricordare che a un bel primo tempo può seguire un brutto secondo tempo. Ma ci sarà comunque un secondo tempo, e poi un'altra partita, e dopo l'ultima partita un nuovo campionato. Non possiamo perderli tutti. Oppure sì, se ci mettiamo d'impegno. Ma non accadrà, non siamo così prevedibili, nemmeno nel masochismo. Verrà il nostro momento, e sarà magnifico.' 'Interismi' mescola entusiasmi recenti e inevitabili memorie, opinioni fulminanti e citazioni classiche seguite da discussioni omeriche (se l'Inter è Ettore e la Juve è Achille, il Milan è Patroclo o Ulisse?). Insieme ai giudizi sulle squadre rivali e ai ritratti dei giocatori neroazzurri, ci sono le 'interviste impossibili' a Peppino Prisco (che si è temporaneamente giocato il paradiso coi commenti su Lazio-Inter). 'Siamo una squadra di tifosi-filosofi - scrive Severgnini - convinti che Gresko e Poborski siano la rappresentazione della condizione umana: sono il fato, l'inconveniente, la possibilità, il caso che si diverte. Il nostro caso è cecoslovacco (ve l'ho detto che siamo strani). Ma ce ne siamo fatti una ragione. Non è vero che amiamo perdere: preferiamo vincere, che diamine. Ma sappiamo perdere, e abbiamo senso estetico. Un harakiri fatto bene, in fondo, è meglio di un harakiri fatto male.