Kitchen è il primo romanzo scritto dall'autrice giapponese Banana Yoshimoto nel 1988 e tradotto in italiano in prima traduzione mondiale nel 1991.
Il romanzo è diviso in due parti, Kitchen e Plenilunio. Il titolo del romanzo deriva dall’ossessione della protagonista per la cucina. Il romanzo tratta della perdita della famiglia, e della possibilità di ricostruirsene una, scegliendola. Ma se pensiamo alla famiglia Tradizionale siamo lontani. Mikage (la protagonista) sceglie di vivere in una famiglia dove la madre è in realtà il padre.
Mikage, la protagonista, dopo aver perso già i genitori, perde anche la nonna con cui viveva e rimane sola. Viene ospitata a casa di Yūichi, un suo compagno di università ed un amico di sua nonna. Yūichi vive in casa con la madre Eriko. Presto Mikage scoprirà che in realtà Eriko è Jūji, il padre che è diventato donna dopo la morte della vera madre di Yūichi. Inizia così una convivenza e Mikage sembra ritrovare gli equilibri perduti. Dopo alcuni mesi Mikage torna a vivere da sola, lascia definitivamente l’università e dà sfogo alla sua sfrenata passione per la cucina diventando assistente di una nota professionista. Una notte, dopo non averlo sentito per mesi, riceve una chiamata da Yūichi: la madre è morta assassinata, la cosa è successa già da diverso tempo, ma lui non ha avuto il coraggio di dirglielo. Alla protagonista cade di nuovo il mondo addosso, tanto che quasi si convince che tutte le persone che ama siano costrette a morire. Il giorno dopo viene a sapere che dovrà partecipare ad una kermesse culinaria a Izu e non può rifiutare, ma la sera, per stargli vicino, va a dormire a casa di Yūichi. Il giorno dopo riceve una scenata di gelosia da una compagna d’università di Yūichi, la quale le dice che non può fare i propri comodi con lui, e che, se ne è innamorata, deve prendersi carico anche degli obblighi che una relazione comporta. Successivamente incontra Chika-chan, una collega di Eriko, che, in altro modo, le dice le stesse cose e le comunica che Yūichi è partito, dandole anche l’indirizzo della sua destinazione. Lei parte per la kermesse ed una sera, affamata, si reca in una trattoria per mangiare qualcosa. Nell’attesa di ricevere il pasto, si decide a telefonare a Yūichi, e, dal tono e dalle parole del ragazzo, capisce che probabilmente quella sarà l’ultima volta che lo sentirà, perché lui continuerà a fuggire da tutto e tutti. Finito di mangiare e dopo quella telefonata, prende la sua decisione: anche se solo per una notte lo vuole raggiungere. Arriva al suo albergo e dopo varie peripezie riesce ad entrare, o meglio irrompere, dalla finestra nella camera di Yūichi. Gli ha portato un pasto e mentre lo obbliga a mangiare, gli dice apertamente che tra loro due le cose potrebbero funzionare e gli consiglia di rifletterci. Mikage torna a destinazione e l’ultimo giorno ad Izu riceve una telefonata di Yūichi, ritornato a Tokyo, che, dopo averle chiesto informazioni sulla sua permanenza fuori città, le dà appuntamento per il giorno dopo alla stazione per andarla a prendere.
Tenero e anche a tratti inverosimile, si lascia leggere con delicatezza, così com’è la scrittura della autrice.
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