L’ultimo libro della che chiude la saga di Cooper, come sempre avvincente, emozionante, colpi di scena non ne mancano, storiografia neanche; per parlare del libro ho deciso di riportare un determinato capitolo del libro che spiega e fa da cordone alla storia.
Non ha deluso le mie aspettative.
QUALE SIGNIFICATO RIVESTE PER ME IL 9 FEBBRAIO 2027. UN TEMA DI PHILLIP PIPER
Oggi mancano 394 giorni al «Grande Giorno», all’«Orizzonte» o, come dicono molti studenti, alla «Fine della scuola». Tutti si domandano cosa accadrà e la gente sta perdendo la ragione, in un modo o nell’altro. Verremo spazzati via da un gigantesco asteroide? Inghiottiti da un buco nero? Carbonizzati dai raggi gamma del sole? Oppure quella sarà una giornata uguale a tutte le altre?
Io non sono diverso da chiunque altro si stia chiedendo quale sarà il destino dell’umanità, eccetto che per un piccolo particolare. Mio padre è Will, l’uomo che ha svelato al mondo intero quell’ormai famigerata «scadenza».
Per me è piuttosto difficile scrivere questo tema perché papà sta molto male. Ha avuto un infarto e si trova in ospedale. So che è un OLO, ma ciò non significa che ritornerà come prima. Nessuno può dire se sarà di nuovo in grado di camminare o di parlare. È in terapia intensiva, attaccato a un respiratore artificiale. Gli daranno una nuova medicina: vedremo se farà effetto. Però ne sono sicuro: se fosse cosciente, lui insisterebbe perché consegnassi il tema in tempo, e non voglio deluderlo.
Nel 2009 non ero ancora nato. Ho saputo tutto, compreso il ruolo avuto da mio padre nella vicenda, quando avevo circa dodici anni. Lui ha scritto un libro che confesso di non aver mai letto. Però ho visto il film che ne è stato tratto, La Biblioteca dei Morti. Non male, anche se è strano vedere degli attori interpretare la parte dei tuoi genitori. La mamma dice spesso che le sarebbe piaciuto essere tanto carina quanto l’attrice del film, mentre mio padre è sempre stato restio a parlarne. Però so che, per lui, è un film sciocco e pieno d’inesattezze; sarebbe stato meglio se non avesse mai ceduto i diritti cinematografici, dice. La verità è che è un tipo cui non piace la notorietà.
Nel 2009, quando era un agente dell’FBI, papà è stato incaricato di occuparsi del caso Doomsday. Uno sconosciuto in Nevada aveva spedito delle cartoline ad alcuni abitanti di New York, con scritta la data della loro morte. Tutti e nove i destinatari erano morti nel giorno indicato. Nessuno riusciva a capire che cosa stesse succedendo, visto che non esisteva nessun legame tra le vittime e che erano state «uccise» in modo diverso l’una dall’altra. Mio padre era l’agente responsabile del caso e mia madre (a quei tempi, in realtà, non era ancora mia madre) era la sua assistente. Erano una squadra e, per certi versi, lo sono ancora adesso.
Tutta la faccenda sembrava davvero illogica e loro due continuavano a seguire piste che poi si rivelavano false. Entrambi, però, sono molto intelligenti e hanno scoperto che le cartoline venivano mandate da un certo Mark Shackleton, un informatico che lavorava in un laboratorio di massima sicurezza dell’Area 51, in Nevada. Non solo: mio
padre lo conosceva, perché erano stati compagni di stanza al college. Nel 2009 tutti credevano che l’Area 51 fosse una specie d’installazione militare avvolta nel mistero, addirittura un posto dove venivano studiati gli UFO. La verità si è rivelata ancora più sorprendente.
Come ormai sa il mondo intero, l’Area 51 è il deposito utilizzato per la famosa Biblioteca di Vectis. Nel 777, il settimo giorno del settimo mese, il settimo figlio di un settimo figlio era nato in Inghilterra in un posto chiamato Vectis, ora conosciuto col nome di isola di Wight. Crescendo, il ragazzino era diventato una specie di grande saggio, con la fissa di scrivere liste su liste di date di nascita di persone che non conosceva. I monaci di un’abbazia lo avevano accolto tra loro, avevano capito che le sue doti erano miracolose e avevano istituito un ordine segreto per prendersi cura di lui. Infine avevano radunato alcune donne, in modo che potessero procreare i suoi figli e poi i figli dei suoi figli. Nel corso dei secoli, migliaia di questi saggi avevano creato una gigantesca biblioteca sotterranea, contenente più di 700.000 volumi, con le date di nascita e di morte dell’intero genere umano fino al 9 febbraio 2027.
Nessuno ha idea di come siano riusciti a compiere una simile impresa: secondo alcuni, dovevano essere collegati psichicamente con l’universo o con Dio, ma probabilmente la verità non si saprà mai. Tuttavia, nel XIII secolo era accaduto qualcosa. All’improvviso, arrivati alla data del 9 febbraio 2027 tutti avevano smesso di scrivere. Si erano limitati a vergare Finis Dierum, che in latino significa «fine dei tempi», e si erano uccisi.
Dopo una simile tragedia, i monaci avevano sigillato la Biblioteca e nessuno aveva saputo della sua esistenza fino al 1947, quando alcuni archeologi l’avevano riportata alla luce. Winston Churchill l’aveva consegnata agli americani: ben consapevole che si trattava di un ritrovamento di grande valore, il governo degli Stati Uniti aveva costruito l’Area 51, l’aveva destinata a «magazzino» della Biblioteca e aveva investito un mucchio di tempo e di denaro per capire come sfruttare quei dati a scopi politici e militari. Per esempio: se si sapeva che cinquantamila persone con nomi pachistani sarebbero morte in un certo giorno, allora si poteva pianificare con estrema precisione la risposta americana a una simile crisi. Per cinquant’anni, nessuno al di fuori delle alte sfere ha saputo della Biblioteca. Poi mio padre l’ha scoperta.
Mark Shackleton voleva utilizzare quelle informazioni per arricchirsi, così aveva inventato il Doomsday Killer. Dopo aver dimostrato l’esistenza della Biblioteca, mio padre aveva fermato Shackleton. Poi era entrato in possesso di una copia del database contenente le date di nascita e di morte di tutti gli abitanti degli Stati Uniti fino al 2027: se il proprio nome non figura nella lista, si viene considerati OLO, cioè «Oltre l’Orizzonte».
Come se fosse una specie di polizza assicurativa, mio padre ha nascosto il database a Los Angeles. In più, per un certo periodo, e in seguito a un accordo stipulato col governo, ha mantenuto il segreto sull’Area 51. Non credo ne fosse particolarmente felice, ma voleva proteggere me e il resto della famiglia (io sono nato nel 2010). Inoltre era convinto che se la gente avesse conosciuto la data della propria morte sarebbe impazzita e la situazione mondiale sarebbe diventata ingestibile. Noi due non abbiamo mai affrontato l’argomento, ma nel film il suo personaggio è davvero indeciso se mantenere il segreto oppure no e penso che quella parte sia verosimile. Tuttavia, quando io ero ancora molto piccolo, lui è stato contattato da alcuni responsabili
dell’Area 51, ormai in pensione e membri di un gruppo denominato «Club 2027», formatosi per scoprire cosa sarebbe accaduto in quell’anno.
Uno dei volumi della Biblioteca di Vectis, datato 1527, era infatti finito in una casa d’aste, a Londra, e loro volevano che mio padre li aiutasse a impossessarsene. Essendo l’unico pezzo mancante della raccolta dell’Area 51, si erano convinti che contenesse qualche risposta sul 2027. E avevano ragione. All’interno del volume era nascosto un sonetto scritto da un giovanissimo William Shakespeare. Mio padre era andato in Inghilterra e, in una vecchia casa chiamata Cantwell Hall, seguendo gli indizi nascosti nella poesia, aveva scoperto la storia della fine dei tempi e degli scrivani votati al suicidio. Aveva inoltre scoperto che la conoscenza di prima mano della Biblioteca aveva influenzato personaggi famosi come Calvino e Nostradamus.
Ma alcuni addetti alla sicurezza nell’Area 51 – agenti governativi soprannominati i «Sorveglianti» – avevano avuto l’incarico di fermare mio padre. Avevano cercato di avvelenarci col monossido di carbonio: io me la sono cavata per un soffio, però i miei nonni sono morti. Allora mio padre e mia madre sono fuggiti a Los Angeles per recuperare il database nascosto. Dopo essere stato ferito dai Sorveglianti, mio padre si era nascosto nella casa del capo del Club 2027, a Las Vegas. Poi però era stato catturato e, se non fosse stato per l’intervento di mia madre, chissà cosa gli avrebbero fatto. Se ci pensate, è davvero una bella storia.
Papà è riuscito a passare l’archivio al marito della mia sorellastra, Greg, un cronista del Washington Post: dopo lunghe riflessioni, aveva deciso che la gente aveva il diritto di conoscere la verità. Greg ha scritto un articolo fenomenale sull’esistenza della Biblioteca e mio padre è diventato una celebrità, anche se la cosa non gli fa piacere. Mia madre ha continuato a lavorare nell’FBI.
Il contenuto del database non è mai stato pubblicato. Il governo ha fatto causa al giornale e il caso è arrivato fino alla Corte Suprema. Nessuno conosce la propria data di morte, ma tutti sanno del 9 febbraio 2027.
È curioso, tuttavia non ho mai pensato molto a quella data, non ci ho mai riflettuto seriamente, finché papà non si è sentito male. Da quando sono abbastanza grande per capire ciò che succede intorno a me, nessuna persona a me cara è morta o si è ammalata gravemente. È bastato l’infarto di mio padre perché tutto cambiasse. Adesso mi rendo conto di quanto sia fragile la vita e di come possa essere spezzata nel giro di un attimo. Ora ho paura di ciò che gli potrà capitare e, tanto vale ammetterlo, anche di cosa succederà a me, a mia madre, ai miei amici e a tutti gli abitanti del pianeta.
Non ho risposte per nessuno. Sono il figlio di Will ma, riguardo al nostro destino, non ne so più di chiunque altro. Ma ecco che cosa penso. Dovremmo fare in modo che ognuno di questi 394 giorni sia davvero importante. Sforzarci di essere molto disponibili nei confronti del prossimo, comportarci in modo civile, senza lamentarci o compatirci o cadere in depressione. Dovremmo vivere ogni giorno al massimo, divertendoci.
Da come la vedo io, possiamo avere davanti a noi 394 giorni tremendi o magnifici. Io ho deciso di scegliere la seconda strada.
Penso che Will farebbe lo stesso.
“[…]Lo spettacolo strabiliante delle Biblioteche di Vectis e di Pinn resterà tra i miei più vividi ricordi finché non esalerò l’ultimo respiro. Ho visto coi miei occhi il futuro dell’umanità, che si preannuncia tetro e luminoso insieme. La luce arriva dalla consapevolezza che la nostra stirpe continuerà a prosperare, non per decenni, ma per secoli e forse millenni a venire. Nondimeno le tenebre in agguato sono per me motivo di grande turbamento. A Vectis, ho visto anni in cui la parola morscompariva con tale assiduità da provocarmi un capogiro: 1863, 1864, 1915, 1916, 1917, 1942, 1943, 1944, 1945. Posso supporre che grandi cataclismi e guerre devastanti colpiranno il genere umano. Tuttavia niente ha sconvolto i più profondi recessi della mia anima quanto la data che ha attirato la mia attenzione a Pinn: il 2027. A partire dal sedicesimo giorno di ottobre, volume dopo volume, scaffale dopo scaffale, fila dopo fila: una sciagura senza precedenti. Secondo i miei calcoli, perirà un numero inconcepibile di persone, circa un miliardo. E solo in quel mese, così lontano nel futuro, ma abbastanza vicino da gelarmi il sangue nelle vene. Quale terribile arma verrà mai creata per scatenare un disastro di sì titaniche proporzioni? Cionondimeno i libri non s’interrompono con quell’annus horribilis. Si continuerà a nascere, a vivere, a superare le difficoltà poste sul nostro cammino. Che strana avventura è l’esistenza di noi esseri umani!”
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