Protagonista è Lison, o forse è meglio dire il corpo, ma il corpo di chi? Di ritorno dal funerale del padre la ragazza riceve un pila di quaderni il cui contenuto le è sconosciuto, e che la cambieranno per sempre. I quaderni contengono inaspettatamente un diario di vita del padre, anzi è meglio definirlo un diario del corpo, delle sensazioni, del mutamento che il padre inizia a scrivere all’età di 12 anni per difendersi dalla paura e che finirà di scrivere alla sua morte. Scritto in forma di diario ci si immerge insieme a Lison in un resoconto di vita fatto di tanti cambiamenti, mutamenti, sensazioni, esperienze, tutte figlie di un’unica entità: il corpo. Quel corpo che ancora oggi è taboo, quel corpo che attrae, quel corpo che è rimpianto degli atti giovanili, e del declino anagrafico. Attraverso il corpo Pennac costruisce un romanzo atipico, attraverso la vita di un padre presenta l’esistenza possibile, l’eterogenea esistenza, il plasmarsi, fondersi, sorprendersi del proprio stesso corpo, che continuamente cresce, muta, si lesiona. Il corpo è l’espressione di ognuno di noi, tutti comunichiamo con il corpo, bisogna solo imparare ad averne la giusta consapevolezza. Un lascito di un padre ad una figlia pieno di intimità, sofferenza, stupore, timore, di un corpo che cresce nel resoconto giornaliero per poi approdare al lido di tutti quegli uomini che riescono ad agire consapevolmente, e non ce ne sono poi tanti. E’ il primo libro che leggo di Pennac, mi è piaciuto, ma non troppo, leggerò degli altri suoi, comunque interessante scoprire la vita attraverso l’evolvere del corpo, che non è altro che il mutare della vita.