Carrisi torna ancora una volta ad esplorare il buio, quella parte sconosciuta che fa parte di ognuno di noi e dalla quale qualcuno rischia di essere catturato. Il buio e il male, nelle sue forme e trasformazioni, sono gli argomenti sempre affrontati dall’autore, che ogni volta cerca di esplorarli in modo diverso La protagonista è la stessa de “Il Suggeritore”, una detective incapace di provare emozioni, empatia per le vittime. L’assoluta mancanza di empatia è talmente ben resa che anche il lettore non ne prova alcuna per questo personaggio, Ciò non toglie che la trama sia originale e ben costruita, complessa ma meno astrusa de “Il tribunale delle anime” che mi aveva suscitato non poche perplessità Anche in questo qualche situazione è risolta grazie a improvvise e inaspettate intuizioni forse un poco esagerate, ma ci può stare. La prosa è scorrevole, mai noiosa, anche se a in alcuni punti, solo in qualche periodo a dire il vero, si ricerca un po’ troppo la frase ad effetto, suggestiva. Spunto di riflessione è sicuramente il tema trattato: gli scomparsi. Persone racchiuse in un limbo, vite sospese per loro e anche per chi rimane macerato dal dubbio sulla soro sorte. Sono vittime di crimini mai ritrovate o hanno solamente deciso di ricominciare una nuova vita tagliando col passato? Carrisi è sicuramente un grande costruttore di trame ,che oltre alla parte gialla vanno a esplorare le parti oscure delle persone, viaggiando sempre sul filo del “buio”, dello sconosciuto e a volte pare quasi sconfinare nel paranormale. Uno scrittore a mio parere molto più vicino ai grandi scrittori di thriller americani che agli italiani. Un libro che si legge con piacere, che di certo non annoia, ma anzi incuriosisce e che posso definire “bello e originale “ . Purtroppo però devo dire che alla fine, pur apprezzandolo, mi ha lasciato una grande sensazione di freddezza, non riuscendo a coinvolgermi emotivamente. Operazione mancanza di empatia perfettamente riuscita.