Finito di leggere “Il Catino di Zinco” opera prima della scrittrice Margaret Mazzantini. Libro molto discusso che vede protagonista Antenora, nonna della Mazzantini. Donna descritta con il carattere forte, decisa, priva di ogni negazione. La protagonista vedrà grazie al suo carattere uscire fuori da guerre, fascismo e dopoguerra che hanno segnato inevitabilmente la sua persona. Ciò che mi ha affascinato è la ricostruzione dell’immagine della nonna che l’autrice ne fa, il libro sì apre con la sua morte, un linguaggio difficile, ostico a mio modo di vedere, che sicuramente non ho ritrovato in “Venuto al mondo” in cui tutto era più denso e fluente anche se anche lì non è che ha raggiunto vette eccelse. Una storia di generazioni, di una nonna, una inno al sentimento, in fondo il ricordo non è mai sentito quando è viva in noi la persona. Antenora potrebbe essere una nostra nonna acquisita, simbolo di un matriarcato e un’energia casalinga di cui sono le nostre care nonne sono capaci. “Gran bel gioco del cazzo la vita, quando inizia a palleggiarti con la morte! Questo è mio, questo è tuo: si mettessero d'accordo prima, e li tracciassero più netti questi confini. Dunque, facendo il computo, di lei la comare secca s'era già presa: le gambe tutt'e due, una spalla con relativo braccio, e mezzo (forse trequarti) torso. La passerina non si sa. Era ancora regno di nessuno, certo un po' lessata anch'essa. Per quanto riguarda, invece, tutto il porcaio sito nella propaggine superiore detta zucca, cioè il pensiero, l'affettività, la memoria - e gli altri generi di conforto e sconforto -, il poco che le era rimasto, bastava per farla schiattare di dolore. Sì, perché nella luce del mattino, ripulita e pettinata financo, spesse lacrime navigavano nei suoi occhi medusei.”