“Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta, è rispondere al quesito fondamentale della filosofia. […]” Con queste parole potrebbe riassumersi il Mito di Sisifo. Col mito di Sisifo, Camus ripropone le sue tesi riguardo l'effettiva utilità da attribuire alla vita e la dimensione di assurdità che egli stesso le attribuisce. Sisifo, condannato a spingere un masso che ogni volta ricade a valle, costretto a ricominciare continuamente la stessa routine dal punto di partenza, rappresenta l'uomo che invano tenta di dare un senso alla sua esistenza tramite illusioni e palliativi , dimenticando di essere in ogni caso un "condannato a morte", tralasciando l'assurdo, non considerando l'impenetrabilità dell'esistenza, l'impossibilità di poterle attribuire un senso. L'uomo che attraverso le sue illusioni e le sue consuetudini senza senso s'illude di dare un senso alla vita, fin quando inevitabilmente non muore, e che non inquadra l'assurdità che risiede in tutto ciò. Il Sisifo felice di continuare a spingere il suo masso come se la cosa avesse un suo perché è l'uomo che s'illude di attribuire il suo perché alla propria esistenza mediante palliativi. “C’è dunque un vero e un falso assurdo, e da quest’ultimo si può evadere, come ne evadono appunto gli esistenzialisti. Il vero assurdo è uno stato d’animo in cui la tensione fra uomo, mondo e assurdità di questo viene eroicamente mantenuta: né troncata dalla scomparsa del soggetto che, invece di scegliere il suicidio, porta, continuando a vivere, testimonianza all’assurdo, e lo vive tormentosamente in sé; né superata in una edulcorante quanto fallace dialettica della speranza ” “[…]L’uomo assurdo ha una voglia immensa di vivere, di consumarsi senza risparmio in tutte le esperienze ” “ Ciò che ci lega a certe persone noi lo chiamiamo amore soltanto in riferimento a un modo collettivo di veder le cose, di cui i libri o le leggende sono responsabili. Ma dell’amore io non conosco che questo miscuglio di desiderio, di tenerezza o di intelligenza che mi vincola a una determinata persona, e il modo in cui esso è fatto non è uguale a quello di un altro ” “Amore generoso è quello soltanto che si sa, al tempo stesso, passeggero e singolare.” “Gli dei avevano condannato Sisifo a far rotolare senza posa un macigno sino alla cima di una montagna, dalla quale la pietra ricadeva per azione del suo stesso peso. Essi avevano pensato, con una certa ragione, che non esiste punizione più terribile del lavoro inutile e senza speranza. […] Egina, figlia di Asopo, era stata rapita da Giove. Il padre si sorprese della sparizione e se ne lagnò con Sisifo, il quale, essendo a conoscenza del rapimento, offerse ad Asopo di renderlo edotto, a condizione che questi donasse acqua alla cittadella di Corinto. Ai fulmini celesti, egli preferì la benedizione dell’acqua, e ne fu punito nell’inferno. Omero ci racconta pure che Sisifo aveva incatenato la Morte. Plutone, non potendo sopportare lo spettacolo del suo impero deserto e silenzioso, mandò il dio della guerra, che liberò la Morte dalle mani del suo vincitore. Si dice ancora che Sisifo, vicino a morire, volle imprudentemente aver una prova dell’amore di sua moglie, e le ordinò di gettare il suo corpo senza sepoltura nel mezzo della piazza pubblica. Sisifo si ritrovò agli inferi, e là, irritato per un’obbedienza così contraria all’amore umano, ottenne da Plutone il permesso di ritornare sulla terra per castigare la moglie. Ma, quando ebbe visto di nuovo l’aspetto del mondo, ed ebbe gustato l’acqua e il sole, le pietre calde e il mare, non volle più ritornare nell’ombra infernale. I richiami, le collere, gli avvertimenti non valsero a nulla. Molti anni ancora egli visse davanti alla curva del golfo, di fronte al mare scintillante e ai sorrisi della terra. Fu necessaria una sentenza degli dei. Mercurio venne a ghermire l’audace per il bavero, e, togliendolo alle sue gioie, lo ricondusse con la forza agli inferi, dove il macigno era già pronto. […] Il disprezzo per gli dei, l’odio contro la morte e la passione per la vita, gli hanno procurato l’indicibile supplizio, in cui tutto l’essere si adopra per nulla condurre a termine. E’ il prezzo che bisogna pagare per le passioni della terra. Nulla ci è detto su Sisifo all’inferno. I miti sono fatti perché l’immaginazione li animi.”