Never let me go...oh baby...never let me go... Questo libro mi ha trasmesso un sacco di riflessioni, così tante che non posso fare a meno di buttarle giù subito, a caldo, per non rischiare di perdere tutto una volta assimilata la lettura. Ishiguro racconta un mondo dove dei cloni vengono creati per diventare donatori. Già, avete capito bene, donatori. La prima domanda che mi sono posta, che innesca in automatico tutte le altre, è: a che tipo di persone verranno "concessi i doni"? Voglio dire, con che criterio si scelgono le persone che riceveranno le donazioni? Perchè, a dirla tutta, se io fossi un clone-donatore, mi girerebbero assai i cabbasisi se sapessi che una parte di me è andata a far parte di, chessò, un farabutto o un assassino o un mafioso o semplicemente una testa di ca..o. Mi girerebbero non poco. E allora cos'è che distingue una persona meritevole da una non meritevole? Cosa rende qualcuno speciale e qualcun altro no? Il semplice fatto che si sia stati creati dal nulla rende questi "donatori" meno dignitosi e "umani" di altri esseri? Ma non siamo forse stati creati TUTTI dal nulla? Altra considerazione: le donazioni sono nate per sconfiggere il cancro e malattie prima, altrimenti, incurabili. C'è un'affermazione nel libro che mi ha colpito molto, dice più o meno così: "la gente preferisce vedere la propria moglie, il proprio marito, i propri figli sopravvivere a scapito dei "donatori" piuttosto che tornare a prima, a quando i donatori non esistevano e vedere i propri cari morire". Non voglio essere ipocrita. So per esperienza cosa vuol dire vedere un proprio caro soffrire e morire per una terribile incurabile malattia. Ammetto che se ci fosse stata la possibilità di un donatore, probabilmente avrei fatto carte false pur di salvare la persona a me cara con una donazione. Insomma...Mors tua, vita mea. Ma c'è qualcosa di malsano, in una società del genere...e in una riflessione del genere. Mi sono resa conto che è tutta una corsa al ritardare il più possibile: la maturità...la vecchiaia...la morte. Ci si affida al chirurgo estetico a 80 anni pur di ritardare il tempo e apparire come una 40enne, si cerca di tutto pur di trovare l'elisir di lunga vita e si perde di vista una sola, incontrovertibile, verità: che arriva la fine, prima o poi, per tutti. Non c'è scampo. Anche se campassimo 200 anni, siamo esseri mortali. E allora, mi chiedo: avrebbe senso? Perchè, pur ammettendo (e sperando) di riuscire a sconfiggere la malattia in questione, ci sarà sempre qualcos'altro che ci farà passare a miglior vita. A questo punto, non solo la creazione dei cloni mi pare un'assurdità già in partenza, ma lo stesso mondo immaginato da Ishiguro mi pare una fiera di creature senza un briciolo di anima. Paradossalmente, l'anima dimostrano di averla proprio gli stessi cloni, e la cosa che più mi ha terrorizzato (nel vedere il film prima, nel leggere il libro poi) è la sconcertante possibilità che tutto questo, un domani, possa realmente accadere. Quando si spera che un libro resti solo un libro, tutt'al più un avvertimento.