«…Nella mente si insinuano i ricordi e ciascuno diviene tassello di un passato intatto e immutabile», voglio aprire il mio commento a “La bimba sul cilindro” il romanzo di esordio di Anna Mininno proprio con questa incontestabile verità, estrapolata dalle pagine iniziali del libro. La frase, nella sua semplice e disarmante struttura, nel significato che il lettore distratto potrebbe considerare ovvio e scontato, in realtà racchiude un concetto universale indiscutibile: il bagaglio di esperienze vissute da un essere umano è un tesoro di inestimabile valore. Come quantificare la preziosità di una delle caratteristiche proprie dell’uomo? Le scelte più o meno sofferte, le delusioni archiviate, i sogni rimasti tali e quelli realizzati, gli amori compiuti e quelli in divenire i dolori fisici e quelli psicologici, le paure mai domate e le certezze presunte tali… insomma il passato di un uomo o di una donna, è tutto lì in quella valigia che diventa sempre più pesante ad ogni minuto che passa. In quello zaino, chiamato vita, che ognuno di noi porta con piacere o con dolore sulle spalle. Ed allora ecco spiccare nitido sulle pagine del libro, il senso delle parole dell’autrice: la vita vissuta diviene immutabile perché ormai trascorsa e rimarrà intatta fino alla morte perché il passato è immodificabile, però esiste una risorsa con cui varcare il limite del presente per entrare nel passato ed è il ricordo. Immagazzinare i ricordi è un fatto naturale ed altrettanto innato è riportarli alla mente per trarne insegnamenti per il futuro o per riviverli, spesso per innocente curiosità o per ricercare un brivido, un’emozione, un sentimenti allontanati dal tempo. La piccola protagonista del romanzo, per sua disposizione naturale, lo fa per gioco e giocando, inizia a scoprire il suo passato. Ad evocarle i ricordi, intatti e immutabili, è una fotografia vista e rivista, ingiallita e consunta che ritrae una coppia il fatidico 8 settembre del '43: i genitori della Bimba sul cilindro che si chiama Anna… proprio come l’autrice. Sarà la visione, quasi ossessiva, della logora fotografia, la sua analisi minuziosa, che porterà la piccola protagonista a ricercare, ogni volta, nuovi particolari mai notati in precedenza, ad anticipare o ad annunciare, spesso ad accompagnare le tappe fondamentali della sua vita e quindi a scandire il tempo stesso del libro e solo quando la bimba sul cilindro, si renderà conto di richiamare i propri ricordi, dal suo personale passato, capirà di essere divenuta adulta. Davanti agli occhi della bambina, innocenti dapprima, poi, sempre più maliziosi, scorre tutto un universo parallelo a quello reale e le immagini malinconiche o spensierate, dissacranti o ilari, presentate con una tecnica descrittiva perfetta e uno stile letterario classico e raffinato, accompagnano il lettore fino all’ultimo capitolo del libro. La fervida fantasia di Annina nell’infanzia e la cruda razionalità durante l’adolescenza e la giovinezza regalano, a chi legge, emozioni su vasta scala. La protagonista è l’incarnazione stessa dei ricordi che memorizzati dall’intelletto, fagocitati dalle cellule, pompati dal cuore nel sangue ne diventano parte integrante, costituiscono la sua carne, ne nutrono gli umori vitali… Le vicende, gli scenari, le riflessioni, i turbamenti psicologici, le trasformazioni fisiche sono sottolineate con enfasi poetica dalle liriche che arricchiscono il romanzo e che fanno conoscere al lettore la sensibilità tutta femminile di Anna Mininno e soprattutto la consacrano autrice completa nel senso più compiuto della parola. “Capelli biondi leggermente crespi e raccolti in trecce lunghe e pesanti, che contribuivano a rendere evidente il biancore della cute nella scriminatura centrale, gli occhi azzurri un po’ sporgenti e le labbra rosee e turgide che, a loro volta, s’imponevano sulla morbida trasparenza del viso”. In questo viaggio a ritroso nel tempo, il cui biglietto ci è offerto dalle pagine del suo libro, la Mininno accomuna lo spirito della sua protagonista a quello dei lettori e lo fa con tanta maestria da dare l’impressione, a questi ultimi, di aver davvero conosciuto, in un tempo lontano, Anna -la bimba sul cilindro- i suoi nonni, i suoi genitori, la sorella e l’amichetta ebrea appena descritta. “La bimba sul cilindro” è un libro per tutti, un romanzo introspettivo che si legge con piacere, che fa riflettere, che ci riporta attraverso Anna (e qui lascio che sia il lettore a scoprire a quale Anna mi sto riferendo) a rapportarci a noi stessi e a riscoprirci per come eravamo con un pizzico di ironica malinconia o, magari, di trattenuta ammirazione perché: “Sei tu, Vita, a dettare il percorso/ e io ne prendo atto… con stupore”.