La teoria dei giochi
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  • Gruppo Editoriale l'Espresso (La biblioteca di Repubblica)
  • Mar 09, 2012

La teoria dei giochi

di John Nash

"Il punto di equilibrio, o 'equilibrio di Nash', è il concetto adatto da applicare quando vi è un certo numero, finito o infinito, di giocatori che interagiscono, e ognuno cerca di massimizzare il proprio profitto o guadagno."


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Commenti (1)

14/03/2012 - Gino
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In questo diciassettesimo volume si parla di una nuova parte della matematica caratteristica del Novecento, che prima non esisteva, anche se alcune anticipazioni si erano già avute nel Seicento con Fermat e Pascal. Stiamo parlando della teoria dei giochi, che studia matematicamente i giochi come i dadi, il poker, la dama, gli scacchi ecc. Una nuova disciplina, che ha cominciato a essere studiata agli inizi del Novecento da matematici come Félix Borel e Ernst Zermelo. Ed è arrivata alla maturità alla fine degli anni Quaranta con un libro di Johann von Neumann, un grande matematico, e Oskar Morgenstern, un grande economista. Von Neumann e Morgenstern riuscirono a mostrare come la teoria dei giochi potesse essere lo strumento principale di applicazione della matematica all’economia, così come Newton aveva mostrato nel Seicento che l’analisi matematica (le derivate e gli integrali ù.ù) era lo strumento fondamentale per lo studio della meccanica. Nel 1994, per la prima volta, il premio Nobel per l’economia è stato dato a tre studiosi della teoria dei giochi. Uno di questi era appunto Nash autore di questo volume, gli altri due erano John Harsanyi e Reinhard Selten. Ma questi tre non sono stati gli unici ad aver vinto il premio Nobel grazie alla teoria dei giochi. Nel 2005 altri due teorici Robert Aumann e Thomas Schelling che sono stati premiati per ricerche sulla teoria dei giochi cooperativi. E qualche anno prima, nel 2002 , addirittura due psicologici, Vernon Smith e Daniel Kahneman, avevano ricevuto il premio Nobel per l’economia, questa volta per ricerche legate più prettamente agli aspetti cognitivi della teoria dei giochi. Adesso ripropongo le stesse parole di Nash sulla teoria dei giochi: “Quando si è vissuti a lungo ci si può domandare se sia possibile trovare un equilibrio di Nash, una strategia vincente nella vita. Una vita lunga evoca un’idea umana molto comune: il sogno di essere mortali. L’equilibrio implicherebbe l’immortalità, ma la vita è un gioco in cui, a quanto pare, tutti devono perdere. Se si accetta il fatto di dover perdere, ci si può adattare. Forse esiste un aldilà, forse c’è una reincarnazione, ma non voglio commentare le mie credenze personali. Io non mi considero un vincitore nel gioco della vita. So che in certi settori sembra che io sia un perdente, quindi mi considero un vincente in certe aree e un perdente in altre. Non si può pretendere di avere successo in tutti i campi: successo in famiglia, successo nel lavoro, successo negli sport, e così via. Penso che occorra prenderla con filosofia, sentirsi felici anche se non si è vincitori. Io la prendo con filosofia. Voglio dire, essere soddisfatti è qualcosa di diverso. Per esempio, se una persona si trova in un hotel e le si domanda: <<Sei soddisfatto di questo hotel?>>, può rispondere: Be’, questo è un hotel a quattro stelle: non sono completamente soddisfatto, perché esistono hotel a cinque stelle, però non è male>>. Chissà, forse la mia vita è un hotel a tre stelle. La malattia può rendere la vita meno monotona. In questo senso può sembrare che attraversa periodi di malattia e periodi di buona salute abbia una vita più interessante.” Una cosa che ho trovato molto interessante è scoprire le origini del gioco degli scacchi nati in India, forse intorno al 600 dopo Cristo. In origine gli alfieri non c’erano, forse c’erano gli elefanti o qualcosa del genere; il re è più potente della regina, che poteva soltanto fare un passo in diagonale e, in un certo senso, il suo compito era più che altro stare vicino al re e proteggerlo. E il sapere di un nuovo gioco il go simile ad una guerra e una battaglia.

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