Nella Torino di fine Ottocento, un curioso, dotto e intrigante ciclo di conferenze sul vino: nella poesia, nella fisiologia, nel commercio, nel delitto. Protagonisti Edmondo De Amcis e Cesare Lombroso. Il primo descrive gli effetti psicologici del vino sull'intelligenza, l'immaginazione, il sentimento: un classico "bozzetto", un ritratto di tipi umani e di stati psicologici universali che il vino, secondo l'antropologia deamicisiana, non fa che rivelare, in un parossismo alla fine divertente e blandamente patetico. Il secondo, da grande e discusso medico e criminologo, esplora invece il lato distruttore del vino, i suoi effetti sulle menti deboli e "pronte" al delitto. Ne vien fuori un piccolo quadro d'ambiente sociale dalle tinte noir (quasi uno scenario per certi romanzi naturalisti francesi, o per la letteratura "nera" inglese del tempo) sottilmente inquietante quando sprofonda con la curiosità di uno speleologo nei cunicoli cavernosi della psiche umana.