I gesti e le parole di papa Francesco sono campionario di relativismo morale e religioso; le sue esibizioni di ostentata umiltà ben poco francescane; la sua proclamazione dell’autonomia della coscienza e della visione personale del Bene e del Male in contrasto con il catechismo e il magistero dei papi precedenti: in un panorama in cui, dall’ultimo dei parroci al più agguerrito degli atei militanti, tutti si sperticano nelle lodi al primo gesuita asceso al soglio di Pietro, la tesi di questo libro può quasi quasi apparire come una vera e propria pietra dello scandalo. Mentre opinionisti da sempre anticattolici, su giornali da sempre anticlericali, riprendono le frasi “rivoluzionarie” di Bergoglio trasformandole in roboanti titoli da prima pagina, questa acuta riflessione si pone come primo contraltare all’unanime (e peloso) consenso tributato al “vescovo venuto dalla fine dal mondo”. E offre indicazioni per amarlo nonostante tutto.