"Tu sei una Vega, non te lo scordare mai."
Ho letto tutti e due i romanzi precedenti di questo bravissimo scrittore, quindi quando ho preso il libro in biblioteca sapevo già a cosa andavo incontro, tante pagine da leggere ed una storia nella quale i protagonisti affrontano tantissime difficoltà e mille dolori, in questo caso per raggiungere
la libertà e non perdere l'orgoglio di un popolo, quello gitano.
"Noi gitani siamo sempre stati liberi. Tutti i re e i principi in ogni angolo del mondo hanno tentato di piegarci, senza riuscirci. Niente e nessuno ci lega. Il rischio non ci fa paura, ce ne infischiamo delle leggi e dei decreti. E' questo che chiunque si consideri un vero gitano ha sempre sostenuto e difeso."
Partendo da un fatto storico, la grande retata dei gitani avvenuta nel 1749, ordinata dal re allo scopo di voler eliminare quel popolo dalle terre spagnole, ma che risultò un totale fallimento, con la sofferenza solo di alcuni, quelli che si erano stabilizzati in un luogo e svolgevano un'attività, chi viveva spostandosi in continuazione, continuaò a esercitare il contrabbando ed a vivere di furtarelli, nel puro stile zingaresco.
Ai gitani possiamo attribuire la creazione dell'arte del flamenco, grazie alle loro danze sensuali e affascinanti ed ai loro canti tristi e gioiosi allo stesso tempo, capaci di raccontare in maniera così eccezionale uno stato di vita, con il sapore della loro passione, libertà e orgoglio.
La storia, racconta la rivalità tra due famiglie gitane: quella dei Garcia che accetta le tradizioni e i compromessi con i payos (spagnoli cristiani) e quella dei Vega, con il loro capofamiglia Melchor, la figlia Ana e la bellissima nipote Milagros, che non si sottomettono a nessuno e che vogliono vivere secondo i principi del loro popolo: libertà e orgoglio. Un ruolo importante lo riveste anche Caridad, una ex-schiava delle piantagioni di tabacco a Cuba, diventata donna libera in territorio spagnolo, all'inizio terrorizzata e incapace di farsi valere, piano piano acquisterà sicurezza, coraggio e personalità.
Nel libro di Falcones, la figura della donna viene rappresentata come un essere che subisce tanto dolore e sofferenza, l'esser belle è una virtù che può causare lussuria negli uomini, che pensano di poter abusare del corpo con troppa facilità, essendo troppo deboli ed incapaci a difendersi dalle loro continue aggressioni, però, al termine del libro c'è la rivincita del sesso femminile, grazie ad Ana, forte e caparbia che in carcere lotta per ogni sua compagna, al momento del bisogno tutte accorreranno, da ogni angolo della Spagna, per aiutarla, nessuna si è dimenticata di ciò che lei ha fatto per loro, quanto ha combattuto e lottato per le ingiustizie subite.
"Fra Joaquin, noi donne siamo venute al mondo per partorire dolore, per lavorare e per subire le perversioni degli uomini. Voi reagite, lottate e combattete davanti a un'ingiustizia. Se vi va bene, diventate il maschio vincitore; se perdete, invece, ve la prendete con i più deboli, e così vi illudete di essere forti comunque, e fate della rivalsa il vostro unico obiettivo. Noi dobbiamo tacere e obbedire, è sempre stato così. Alla fine ho imparato la lezione, e il prezzo che ho pagato è stata la mia gioventù. Non mi sento più neanche in grado di lottare per mia figlia senza l'appoggio di un uomo. Si, ve ne sono grata, ma è la verità. Noi possiamo solo lottare per dimenticare i nostri dolori e le nostre sofferenze, per superarli, mai per vendicarli. Possiamo aggrapparci alla speranza, per piccola che sia, e nel frattempo, solo di tanto in tanto, provare a sentirci di nuovo donne."
Consiglio questo libro a chi vuol conoscere un popolo quello dei gitani, troppo spesso offeso e denigrato.
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