Attraverso gli occhi di una bambina scopriamo la vita di una cittadina di provincia dove la gente è pigra e schiava dei pregiudizi, e per combattere quell'atmosfera monotona e sonnolenta caratteristica della periferia, è sempre pronta al pettegolezzo e alla critica.
Tutti tranne Atticus, un uomo che non si lascia condizionare da ciò che pensano gli altri e che fa di tutto affinché i suoi figli crescano con una certa indipendenza intellettuale, anche se ciò può essere fonte di malintesi... mi viene in mente la scena a scuola tra Scout e la maestra: la bambina non ha remore a parlare chiaramente e senza mezzi termini e viene fraintesa, considerata una sfacciata.
Penso che il fatto di far raccontare la vicenda ad una bambina (molto sveglia mi viene da aggiungere) coincida con l'intento di rendere meno opprimente il clima in cui si svolge il tutto, con l'alternarsi dei giochi e dell'interesse verso il mistero che aleggia intorno a casa Radley, contrapposti ai sentimenti di diffidenza e sospetto, oltre che al bigottismo degli adulti.
Man mano che si prosegue con la lettura però si percepisce sempre più l'atmosfera tesa, soprattutto dopo gli incontri di Atticus con gli uomini di Maycomb sia a casa che davanti alla prigione.
Memorabile l'arringa di Atticus, che ha smontato tutte le tesi dell’accusa e, al tempo stesso, ha smascherato i pregiudizi razziali di cui sono imbevuti i cittadini di Maycomb e bellissima la scena in cui i neri si alzano in piedi quando lui esce dall'aula.
Ma mi ha lasciato tanta amarezza perché i pregiudizi sono troppo forti affinché si possa pensare di ammettere che Tom possa essere non colpevole.