Come divenni Brigante
  • 9781494230951
  • CreateSpace Independent Publishing Platform
  • 2013

Come divenni Brigante

di Carmine Crocco

Carmine Crocco, detto Donatello o Donatelli (Rionero in Vulture, 5 giugno 1830 – Portoferraio, 18 giugno 1905), è stato un brigante italiano, tra i più noti e rappresentativi del periodo risorgimentale. Era il capo indiscusso delle bande del Vulture, sebbene agissero sotto il suo controllo anche alcune dell'Irpinia e della Capitanata. Nel giro di pochi anni, da umile bracciante divenne comandante di un esercito di duemila uomini, e la consistenza della sua armata fece della Basilicata il cuore della rivolta antisabauda. Dapprima militare borbonico, disertò e si diede alla macchia. In seguito, combatté nelle file di Giuseppe Garibaldi, poi con la resistenza borbonica e infine per sé stesso, distinguendosi da altri briganti del periodo per chiara e ordinata tattica bellica e imprevedibili azioni di guerriglia, qualità che vennero esaltate dagli stessi militari sabaudi. Alto 1,75 m, dotato di un fisico robusto e un'intelligenza non comune, fu uno dei più temuti e ricercati fuorilegge del periodo post-unitario, guadagnandosi appellativi come "Generale dei Briganti", "Generalissimo", "Napoleone dei Briganti", e su di lui pendeva una taglia di 20.000 lire. Arrestato, fu condannato a morte e poi all'ergastolo nel carcere di Portoferraio. Durante la detenzione, scrisse le sue memorie, che fecero il giro del regno e divennero oggetto di dibattito per sociologi e linguisti. Benché una parte della storiografia dell'Ottocento e inizi del Novecento lo considerasse principalmente un ladro e un assassino, a partire dalla seconda metà del Novecento iniziò ad essere rivalutato come un eroe popolare, in particolar modo da diversi autori della tesi revisionista, anche se la sua figura rimane ancora oggi controversa.


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Commenti (1)

14/02/2015 - psartiano
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Carmine Crocco è stato il Capo Brigante più famoso della storia del Brigantaggio nel Meridione. Nato a Rionero nel 1830 da una famiglia normale che viveva del lavoro del padre, conobbe subito la legge del più forte. La madre fu malmenata da un Signorotto locale, tale Don Vincenzo, quando era in attesa di un figlio. Abortì ma non si riprese mai del tutto. Il padre fu accusato di aver attentato alla vita di Don Vincenzo e fu messo in carcere. I figli e lo stesso Carmine vennero affidati chi agli zii e altri invece destinati al lavoro dei campi presso nobili proprietari. Carmine finì in Puglia e vi rimase a lungo. Affittò un pezzo di terreno e ne raccolse i frutti. Un giorno salvò un uomo facoltoso dal fiume Basento e questi lo ricmpensò con 50 scudi. Decise così di tornare al proprio paese ma la madre ormai impazzita non lo volle più rivedere. Seppe inoltre che la sorella era stata molestata da un altro signorotto locale e decise di difenderne l'onore. Si fece giustizia da solo e da allora fu Brigante. Si unì con altri uomini che come lui non avevano più niente da perdere nella vita e che odiavano le sopraffazioni dei nobili che sfruttavano la povera gente. In poco tempo la banda che lo nominò Generale crebbe a dismisura e attirò le attenzioni dell'esercito italiano. Per sostentarsi i briganti chiedevano i viveri ai paesi che di volta in volta attraversavano e quando questi venivano negati attaccavano e distruggevano rubando quello che trovavano e spesso portando via maiali, pecore e vino. La maggior parte dei paesi li sosteneva e li sostentava, altri furono attaccati e di questo Carmine Crocco si pente nella sua autobiografia ma ammette allo stesso tempo che ogni volta che commetteva un'ingiustizia la giustificava pensando alla propria madre e a quello che aveva dovuto subire. Crocco narra molte vicende non nascondendo alcune atrocità commesse dai briganti ma era la guerra. L'esercito piemontese era visto come l'invasore e non come il fratello italiano, anche perchè loro, la povera gente, dall'unità non ci aveva guadagnato propro niente. Nei paesi alcuni sacerdoti incitavano alla ribellione e sostenevano le scorribande dei briganti. Dopo anni e anni di lotte e anche molte vittorie Cracco fu tradito da un ex brigante, Caruso, che denunciò le loro postazioni e guidò l'esercito italiano nei loro nascondigli. Crocco si rifugiò a Roma sperando nella clemenza del Papa, filoborbone, ma fu arrestato e gli vennero sequestrati i beni in possesso che ammontavano ad una bella cifra. Per grazia ricevuta dal re d'Italia Vittorio Emanuele II non fu fucilato ma condannato ai lavori forzati a vita. Si spense a 75 anni non prima di aver scritto nero su bianco ciò che ricordava della sua vita e pregò che questa fosse pubblicata senza censure.

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