«Adesso muoio, ma ho ancora molte cose da dire. Ero in pace con me stesso. Muto e in pace. Ma d'improvviso sono emerse le cose». Sebastián Urrutia Lacroix, cileno, prete e membro dell'Opus Dei, potente critico letterario che ha fatto e disfatto fortune di poeti, in una notte insonne e tragica rovescia su un muto interlocutore la sua memoria e la sua coscienza. Cerca nella concatenazione dei fatti la sua giustificazione. E gli scorre davanti agli occhi per quadri ed episodi, per personaggi e impressioni, il film di cinquant'anni della sua vita e della storia del suo paese. Una folla di fantasmi, di morti e di vivi, di personaggi fittizi, veri (da Jünger a Reyes a Neruda), o celati dietro una maschera letteraria che però ne lascia scorgere il vero volto - secondo quel continuo mescolarsi di apocrifo e autentico di realtà e finzione che caratterizza le «cronache» narrative di questo scrittore dalla straordinaria inventiva -, tutti chiedono di entrare nel suo racconto e di fornire i loro fatti. E attraverso le loro rappresentazioni prende rilievo il disegno di un'esperienza che non riesce a trovare senso. Perché al centro di essa vi è un fatto sorprendente e misterioso, in un certo senso grottesco e scandaloso, il cui enigma molto spesso occupa le pagine di questo scrittore dall'esperienza tormentata: che la poesia possa convivere con la storia.