La solitudine dei numeri primi)
Letteratura italiana

La solitudine dei numeri primi, recensito da debnik

Ho letto questo romanzo in due soli giorni per la prima volta dopo tanto tempo attaccata allo svolgimento della trama anche quando gli impegni mi impedivano di leggere. Come se i personaggi fossero state persone reali, li pensavo chiedendomi cosa stessero facendo in quel momento, ritrovandoli poi nello stesso atteggiamento in cui li avevo lasciati per continuare, insieme a me, lo svolgimento della loro vita, della loro storia. Un romanzo toccante con finale nè scontato nè a sorpresa bensì naturale. Forse un pò crudo nel linguaggio inizialmente poichè l'autore descrive i personaggi nella loro fase adolescenziale. E gli adolescenti utilizzano proprio quel linguaggio. Un libro al pari de "l'ombra del vento" come capacità di catturarmi tra le pagine. Essendo un libro molto discusso, qui sulla mia libreria vorrei dire cosa ho capito io, cosa, secondo me, l’autore ha voluto dire. E il "secondo ME" comprende la mia esperienza di lettrice, di donna con un passato, con un certo tipo di lavoro. Il fatto che l'autore non vada a fondo delle problematiche dei due ragazzi non significa che consideri i loro problemi delle sciocchezze. Il fatto che non si sia addentrato nella psicopatologia dei due protagonisti me lo ha fatto gradire ancora di più, immersi come siamo in persone che della psicologia ne fanno una giustificazione per tutte le malefatte, piccole o grandi, che ci circondano. Magari voleva solo spostare l'attenzione dagli adolescenti di Moccia a un'altro tipo di realtà lasciando al lettore il giudizio finale. Ma non sulla propria scrittura bensì sulla società. Magari voleva far capire che non tutti i disadattati finiscono a uccidere o rubare o a drogarsi. E, di conseguenza, che chi ruba, uccide o si droga non si senta più giustificato dalla propria esperienza passata. Perchè sembra sia di moda giustificare i crimini dicendo: "poverino però, ha avuto un'infanzia brutta". Il finale del romanzo non poteva essere scontato (sarebbe stato inverosimile che i due si sposassero e vivessero per sempre felici e contenti...) ed è stato, invece, naturale per quei due tipi di personaggi che ha creato. Deludente forse, ma naturale. Mi ha irritato l'atteggiamento dei genitori di Mattia e Alice. Ma non è colpa di Giordano se esistono davvero genitori così. Superficiali, distratti, inadeguati nel loro compito di educatori all'inizio (io non affido mio figlio piccolo a mia figlia grande nonostante nessuno dei due sia ritardato. Ma molti genitori invece lo fanno...) pur con una loro capacità di amare i propri figli, che Giordano mostrerà solo con pochi accenni, quando i ragazzi saranno ormai adulti. La scrittura di Giordano; sono daccordo che è stringata, asettica, ma credo che da un lato sia perchè è un matematico, dall'altra perchè non voleva farsi scorgere all'interno della storia. Un suo giudizio avrebbe rotto un equilibrio, avrebbe detto al lettore da che parte stare. E forse, questa cosa, non voleva farla. E' un tipo di scrittura tipo "il grande fratello" in cui l'autore descrive gli accadimenti man mano che si succedono proprio come se ci fosse una telecamera nascosta nella stanza di Mattia e Alice. Una scrittura descrittiva. Ed è anche questo elemento che mi fa pensare che quello che voleva dirci era proprio il monito del "non giustificare". Mi chiedo in quanti abbiano visto, in Twilight, al di là della storia d'amore tra adolescenti e le belle frasi d'amore tra Bella e Edward, tutta la difficoltà dell'essere adolescenti con genitori separati e innamorati di "diversi". Edward è un diverso ma anche Bella lo è. Ma questo è un altro libro...

Ricordati che questa è l'opinione di un lettore e non rappresenta una recensione ufficiale del libro.

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