Protagonista del libro Igor Malev ha una sola e unica ossessione torna con la sua ex moglie che l’ha lasciato Ewa. Lui anche se benestante, ironico, e mai noioso, è stato lasciato per uno stilista di grande successo, un colpo al cuore che ancora non ha trovato la sua ragione. Così Igor decide di riconquistarla. Ma non a riconquistarla con i semplici metodi di corteggiamento, ma con l’idea di eliminare chiunque si ponga in mezzo a lui e alla sua donna; offuscato dalla gelosia è pronto a sbaragliare tutti, a calpestare ogni singolo individuo, ad agire nell’illegalità per riconquistare un qualcosa che ormai è di appartenenza ad altri. Il suo principale nemico è Hamid Hussein, beduino dall’animo forte ancora legato alle vecchie leggi del deserto, ora compagno di Ewa. Tutto si svolge nell’arco di 24 ore, la location è il Festival di Cannes, simulacro dell’apparenza, dello sfarzo, dell’apparire più che del reale essere. Un micro-giallo che poi di giallo tanto non si tinge in quando il lettore già sa tutto e non deve stare a scoprire chi sia il possibile colpevole. Il libro in alcune parti è molto lento, soprattutto quando l’autore di dilunga in inutili digressioni sul mondo dell’estetica, del solo arrivare, dei soldi, della morte dei sentimenti, delle sfilate oggetto di mercificazione, del protrarsi di favoritismi, insomma un mondo losco e poco limpido, che sembra quasi l’autore voglia estraniarsi, quasi a dire: “Io non ne faccio parte”, il mio mondo è tutto come la famiglia del Mulino Bianco. Non mi ha entusiasmato particolarmente, anche se a favore dell’autore va il merito di aver provato un genere diverso dal solito tema: viaggio come ricerca della propria personalità, e di aver cercato di fare denuncia di quel mondo troppo alto di cui solo pochi eletti possono farne parte. “Buone intenzioni, virtù, integrità... che cosa sono veramente? Alcuni uomini che si dicevano virtuosi e integerrimi perché obbedivano ai propri governatori finirono per creare i campi di concentramento. Alcuni medici che vivevano nella condizione che il comunismo fosse un sistema giusto diagnosticavano forme di demenza e esiliarono in Siberia molti intellettuali schierati contro il regime. Tantissimi soldati vanno in guerra e uccidono in nome di un ideale che neppure conoscono, animati da buone intenzioni, virtù e integrità...il peccato per il bene è una virtù; la virtù per il male è un peccato...”