“Tutti figli di Dio danzano” è il secondo libro che leggo di Murakami, rispetto all’altro che lessi non mi ha particolarmente entusiasmato. Il libro è composto da una serie di racconti legati tutti da un evento conduttore, e cioè il terremoto di Kobe avvenuto il 17 Gennaio 1995. Il terzo racconto dà il titolo all’opera ed è forse quello più intenso, e che più ha catturato la mia attenzione. Io ho visto questo evento in comune quale il terremoto come una metafora della vita, ovvero il vivere sempre in bilico, il non essere certi, il non avere solidità sotto i piedi, il sentirsi in accumulo, per poi esplodere. Non sto qui a elencarvi tutti i racconti, posso dirvi che il tremolio e la inaspettata speranza viene vissuta in maniera diversa ad ogni racconto: la ricerca di un padre fantasma in un campo da baseball, l’orsetto di una fiaba, un falò su una spiaggia, un autista thailandese ecc… “La forma del fuoco è libera. E siccome è libera chi la guarda può vederci qualunque cosa. Se lei guardando il fuoco prova una sensazione di pace, è perché la sensazione di pace che ha dentro ci si riflette.”