Nikolaj Vasil'evič Gogol', scrittore e drammaturgo russo della fine ottocento noto anche per I racconti di Pietroburgo è stato etichettato come uno scrittore "realista" Ne Le anime morte che l'autore definisce un poema in prosa, scritto mel 1842 ,narra le vicende dello strano ed enigmatico Pavel Ivanovic Cicikov che gira la Russia comprando "anime morte". Anime erano chiamati i contadini che appartenevano al proprietario di latifondi e che venivano venduti con la terra. Anime morte erano i contadini morti dopo l'ultimo censimento e sui quali il proprietario era tenuto a pagare la tassa governativa fino al censimento successivo.E sono appunto queste le anime che Cicikov cerca di comprare. Un affresco della società rurale russa in questo romanzo-poema che appare nei personaggi che il protagonista incontra di volta in volta il fatuo Manilov, sentimentale e vuoto; la vecchia Korobocka, parsimoniosa e sospettosa, l'invadente Nozdriov, mitomane e ubriacone, l'unico che comprende l'astuta strategia di Cicikov e non gli vende anime; Sobakevic, l'uomo alla buona, grossolano, ma accorto negli affari; Pliuskin, il prototipo dell'avaro..e la descrizione di case,locande, cocchieri, contadini e notabili di provincia.Un mondo che sembra scomparso, ma che vive sotto le parole dell'autore e il lettore resta ammirato dalla forza di questo autore. Un classico russo da leggere senz'altro. Incipit "Nell'androne d'una locanda della città di N., capoluogo di governatorato, entrò una graziosa, piccola vettura a molle, di quelle in cui viaggiano gli scapoli: tenenti colonnelli a riposo, capitani in seconda, proprietari di campagna che possiedono un centinaio d'anime di contadini: in una parola, tutti quelli che si dicono signori di mezza taglia. Nella carrozza sedeva un signore, che non era proprio un bell'uomo, ma non era neppure di brutto aspetto, né troppo grosso né troppo esile; non si poteva dire che fosse anziano, ma neppure, d'altronde, che fosse troppo giovane. Il suo arrivo non sollevò in città il minimo scalpore, e non fu accompagnato da alcunché di singolare: solo due mužík russi, piantati sulla porta d'un'osteria di faccia alla locanda, fecero qualche osservazioncella, che si riferiva del resto piuttosto alla carrozza, che non a colui che vi sedeva dentro. – Non vedi? – disse uno dei due. – Guarda che ruota! Che dici, tu: ci arriverebbe quella ruota lí, mettiamo caso, fino a Mosca, o non ci arriverebbe? – Ci arriverebbe, – rispose l'altro. – Ma fino a Kazàn', dico io, mica ci arriverebbe? – Fino a Kazàn' non ci arriverebbe, – rispose l'altro; e con questo la conversazione ebbe termine. C'è ancora da aggiungere che nel momento in cui la carrozza s'accostava alla locanda, un giovanotto s'era trovato a passare, in bianchi calzoni di bambagino assai stretti e corti, con un frac che aveva grandi pretese di moda, e lasciava risaltare la pettina della camicia, chiusa da una spilla di Tula con pistola di bronzo. Il giovanotto s'era voltato indietro, aveva guardato la carrozza, s'era acchiappato con la mano il berretto, lí lí per volar via con una ventata, e se n'era andato per la sua strada." mužík=contadino