La storia di un gabbiano che, però, si sente diverso da tutti gli altri gabbiani del suo stormo il cui unico scopo nella vita sembra essere quello di procurarsi il cibo. Livingston vuole imparare l’arte del volo, il senso di libertà che essa trasmette, l’ebbrezza, la luce, il cielo infinito, vuole perfezionare questa sua abilità. Questa sua passione non è ben compresa né dalla sua famiglia che ritiene più importante imparare a procurarsi il cibo per sopravvivere, né dal gruppo dei suoi pari che lo allontanano. Lontano dal resto del gruppo lui continua ad esercitarsi, ad insistere e durante queste esercitazioni conosce due splendenti gabbiani che lo convincono a seguirlo nel Paradiso dei Gabbiani e qui conosce Sullivan che diventa suo caro amico e maestro dei segreti del volo. Riesce poi ad imparare dal gabbiano più anziano, Chang, la capacità di andare oltre il suo corpo e raggiungere la velocità del pensiero e soprattutto apprende che la perfezione non è il volo bensì la capacità di amare l’altro. Decide di tornare dal suo stormo e insegnare anche agli altri questa grande verità. Un libro che all’inizio non ho preso molto sul serio, mi sembrava molto superficiale, quasi banale. E, invece, cosa ti lascia alla fine questo romanzo? La spinta a vivere pienamente una passione anche se gli altri non la comprendono, anche se gli altri non la apprezzano, a seguire il proprio istinto, non mettere a tacere la propria fantasia. Distinguersi dagli altri e seguire quello che il tuo “dentro” ti dice di fare in quel momento, senza lasciarsi influenzare dai pregiudizi degli altri, dalle loro convinzioni, da quello che gli altri ritengono sia giusto fare o non fare. Una spinta ad avere fiducia in te stesso, uscendo fuori dal branco e a non fare necessariamente quello che fanno tutti.