A dispetto della critica letteraria radical chic, che quando non bisiamò il lavoro di Morrell lo ignorò senza troppi complimenti, "Primo sangue" è un ottimo romanzo scritto dal duplice punto di vista dei due protagonisti/antagonisti. Sebbene anche il prodotto cinematografico derivato dal romanzo fosse un buon film, nella pellicola si indugiava troppo sul protagonista invincibile, il Rambo che tutti conosciamo, che crollava psicologicamente solo nel finale drammatico, quando si confidava tra le lacrime con il suo addestratore Trautman. Nel libro non c'è nulla di tutto questo: Rambo non è il combattente invincibile del film; è un ragazzo con tutte le insicurezze e le paure che un comune essere umano può avere. Certo, rimane pur sempre un ex berretto verde addestrato in tecniche di guerriglia, ma interiormente è sempre combattuto su praticamente ogni scelta che opera. Lo sceriffo Teasle, d'altro canto, non è semplicemente il rovescio della medaglia: a poco a poco diventa un alter ego di Rambo, nel senso che arriva a immedesimarsi così tanto nel ragazzo ricercato che riesce addirittura a "vedere" a distanza cosa Rambo stia facendo e dove stia andando. Il finale è ben congegnato (molto meglio del film), in un crescendo di pathos che sfocia nell'inevitabile conclusione (ben diversa dal film). Lo stile è crudo e non risparmia il lettore di particolari talvolta raccapriccianti (un passaggio su tutti: la discesa agli inferi, e cioè nelle profondità della miniera abbandonata, è un incubo descritto meravigliosamente): rispetto alla prosa secca e minimalista di McCarthy, lo stile di Morrell è meno aspro ed eccelle nel tenere incollato il lettore alla pagina.