Il Silmarillion
  • 9788845256547
  • R.L. Libri (Superpocket, 170)
  • 2002

Il Silmarillion

di J.R.R. Tolkien

Il Silmarillion, iniziato nel 1917 e la cui elaborazione è stata proseguita da Tolkien fino alla morte, rappresenta il tronco da cui si sono diramate tutte le sue successive opere narrative. "Opera prima", dunque (ma anche "ultima", e di tono assai diverso, ben più elevato delle altre), essa costituisce il repertorio mitico di Tolkien, quello da cui è derivata, direttamente o indirettamente, la filiazione delle sue favole, da Lo Hobbit a il Signore degli Anelli, da Il cacciatore di Draghi ai racconti di Albero e foglia.


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Commenti (1)

01/04/2012 - Gino
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Opera postuma pubblicata dal figlio Christopher quattro anni dopo la morte del padre, “Il Silmarillion” è una vera e propria “Genesi” dell’opera di Tolkien ed insieme un sunto. "Il Silmarillion", che comprende cinque racconti legati come i capitoli di un'unica 'storia sacra', narra la parabola di una caduta: dalla 'musica degl'inizi degli Ainur (gli dei)(Ainulindale) il momento cosmogonico in cui viene creata la terra, l'elenco degli dei (Valaquenta), la guerra (Quenta Silmarillion), eroica quanto disperata, di Elfi e Uomini contro il Nemico. Gli ultimi due(Akallabeth) e La storia degli anelli del potere, costituiscono l'antecedente immediato de il Signore degli Anelli, sorta di prefazione elaborata nei toni epici che caratterizzano tutto quel grande 'pentateuco' che è "Il Silmarillion". Il quale non è un romanzo né una favola, bensì un'opera unica nel suo genere, forse l'unico tentativo coerente, compiuto in tempi recenti, di costruire un vero e proprio edificio mitico imperniato sulla fondamentale antitesi tra brama di possesso e poteri creativi, tra amore per la bellezza suprema e volontà di dominio, insomma tra 'essere' e 'avere': un'antitesi cantata nel linguaggio, sublime e semplice insieme, che è proprio dell'antico epos. Il Silmarillion è un'opera monumentale che può essere accostata alla Bibbia, o all'Iliade e all'Odissea se non vogliamo esser considerati eretici. Ed esattamente come per l'Iliade e l'Odissea bisogna avere gli strumenti necessari per affrontarne la lettura. Unica pecca troppi nomi e uno stile a volte troppo aulico per il resto posso dire che non sarà un fan di Tolkien ma leggerò altro! Per far comprendere la complessità con i nomi: “I figli di Hador avevano nome Galdor e Gundor; e i figli di Galdor erano Hùrin e Huor; e il figlio di Hùrin fu Tùrin la Sventura di Glaurung; e figlio di Huor fu Tuor, padre di Eärendil il Beato. Bregor fu figlio di Boromir, e i suoi figni Bregolas e Barahir; e Bregolas ebbe per figli Garagund e Belegund. Figlia di Baragund fu Morwen, madre di Tùrin, e sorella di Belegund fu Rìan, madre di Tuor. Il figlio di Barahir fu Beren il Monco, che conquistò l'amore di Lùthien figlia di Thingol e ritornò di tra i Monti; da essi discesero Elwing, moglie di Eärendil, e poi tutti i Re di Nùmenor.” “Uno di questi doni di libertà consiste nel fatto che i figli degli Uomini abitano solo per breve tempo il mondo vivente e che non sono vincolati a esso, e che lo lasciano presto, per andare dove gli Elfi non sanno. Gli Elfi infatti non moriranno fino a che il mondo non morirà, a meno che non vengano uccisi o si struggano di dolore; nè l'età ne indebolisce le forze; e, se muoiono, vengono accolti nelle aule di Mandos a Valinor, da cui con il tempo possono tornare. Ma i figli degli Uomini muoiono davvero e abbandonano il mondo; per questo son detti gli Ospiti, ovvero gli Stranieri. La morte è il loro destino, il dono d'Illùvatar, che, con il consumarsi del Tempo, persino le Potenze invidieranno.”

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